Volontà - anno XX - n.2 - febbraio 1967
chi. di essi (Locatelli, Galbani ecc). avviene - come nella economia coloniale - in modo « abbastan– za » pacifico. Ma vediamo 1 invece, ora, la situa– zione del pastore. Il pastore, obbligato a pagare sempre più in denaro il pascolo, non trovando il denaro con facili– tà se non dall'industriale, è co– stretto sempre più a sottostargli. Il pastore è una figura economica– mente debole di fronte all'indu– striale: nell'ambito dello Stato non conta quasi nulla, mentre molto conta l'industriale. Il pastore si assume la parte passiva, il lavoro: si fa solo custode e mungitore di pecore; cede invece all'industriale la parte attiva, la possibilità di guadagno: il prodotto. Nel momen– to principale del mercato - nella determinazione del prezzo del lat– te - o l'industriale impone perso– nalmente il suo prezzo o, per suo conto, lo impone lo Stato. Il pasto– re, che pur è l'attore principale, non prende parte se non formal– mente in questa determinazione. Il prezzo è legato spesso al mercato mondiale: per es. l'America riduce il contingente di importazione del formaggio sardo (come è avvenu– to di recente): scoppia una crisi. Il pastore di Barbagia, senza poterne controllare la causa è coinvolto, sconvolto dalla crisi. L'industriale caseario può almeno manipolare il prezzo: si salva; il pastore è com– pletamente indifeso: si rovina. Da 70 anni, e con processo di– scontinuo ma sempre crescente, si va formando una classe di pasto– ri rovinati, e specialmente piccoli e medi pastori. Lottano dapprima per procurarsi il denaro per il pa– scolo, per le tasse crescenti, per le spese vitali; riducono disperata– mente il loro livello di vita ad un livello infimo, un livello coloniale (l'abitante della Barbagia, per es., ha un reddito medio 10-15 volte in feriore a quello dell'abitante di Ro– ma); poi piano piano cominciano a vendere il gregge; infine, a poco a poco, si riducono alla disoccupa– zione. Per la prima volta dopo millenni la disocupazione tra i pa– stori (almeno per la larghezza) è il fenomeno nuovo. La formazione di una classe di disperati disposti a qualsiasi lavoro: pastorizio, agri– colo, artigiano, industriale - cioè la formazione di un proletariato pastorale - è il risultato nuovo della storia imperialista. Ed in Bar bagia il pastore disoccupato non può sperare di sfuggire a questa proletarizzazione con il mutare la– voro, mestiere (7). Interviene perciò a questo punto il oroblema della proprietà dei pa– scOli, della rendita parassitaria. Il solo pascolo permanente co– pre, lo si è visto, oltre un milione di ettari, con una produzione an– nua di poco più di 3 quintali di fo– raggio ad ettaro. Esso copre 272.500 ha su 884.000 in provincia di Ca– gliari (il 35% dei quali in pianu– ra), 413.000 su 705.000 in quella di Nuoro (30% dei quali in monta– gna) e 345.000 su 732.000 in quella di Sassari (tutti i pascoli perma– nenti sono in collina). Non c'è perciò da stupirsi se la (7) Cagnclla, pag. 212 a 214.
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