Volontà - anno XX - n.2 - febbraio 1967
è direttamente proporzionale all'i– solamento. Non dimentichiamo moltre che se, sul piano della medicina socia– le, la malaria è per il momento dominata (ma gli effetti debilitan– ti sui colpiti non sono, essi, del tutto scomparsi), la Sardegna ct'.l ancora alte percentuali di malat– tie sociali come la tubercolosi, il tracoma ed il favismo. Non c'è perciò da stupirsi se, malgrado che per ragioni storiche, la Sardegna abbia risenti<:o in uo-• do meno intenso che le altre regio– ni meridionali l'urto fra popo1az10- ni locali e organi statali, « lo stato è rimasto purtuttavia come qualco– sa di esterno alla realtà dell'Isola» (6). Constatazione e non rimpian– to. Cam:e economiche. L'economia sarda è fondamen– talmente basata sulle attività co– sidette primarie, cioè sull'agricol– tura, nella quale predominano d.'altra parte il pascolo e la coltu– tura estensiva. Per questo l'econo– mia isolana è, più che altrove, sensibile (spesso tragicamente) al– Je condizioni geologiche (che de– terminano la qualità dei terreni) ed a quelle climatiche, tanto più che si tratta sovente di attività molto primitive. Il pascolo permanente copre il 45% della superficie agroforestale sarda (media meridionale 13%). La superficie pascolativ:i è però (6) Crespi, pag. 68. aumentata dalla utilizzazione pa– storale dei boschi (14% della su– perficie), degli incolti cosidetti produttivi (7.5% e delle terre ari– poso pascolativo, cioè quelle adibi– te alla coltura cerealicola alter– na. Il pascolo copre così effettiva– mente in Sardegna almeno il 70% della superficie utile totale, cioè qualcosa come 1.625.000 ettari, con 2.300.000 ovini, 430.000 caprini, 200.000 bovini, 103.000 suini e 69.000 equini (41.000 asini e 27.000 caval– li. Dati del 1955). solo il 34% del– la superficie ha una utilizzazione veramente agricola (media meri– dionale 70~6). I prodotti zootecnici rappresen– tano esattamente la metà della produzione agraria vendibile sar– da (contro il 19% nel Mezzozior– no) ed è inutile aggiungere la par te preponderante che prende, in questa proporzione, l'allevamento delle pecore, sebbene gli addetti alla pastorizia non superino il 16,5% del totale dei lavoratori a– gricoli (a questa cifra vanno, è vero aggiunti coloro che effettua– no un'attività mista, cioè agropa– storale). Di fronte ad una simile impor– tanza per l'economia dell'intera regione, la pastorizia deve decider– si per una evoluzione tecnica che la metta definitivamente al riparo della irregolarità stagionale dei foraggi, naturali e perciò estrema– mente sensibili alle incostanze cli– matiche. Attualmente la siccità o il gelo obbligano il bestiame ad u– na sottoalimentazione che arriva spesso fino alla morte per inani– zione di greggi interi. Occorre, per incominciare, mi-
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy