Volontà - anno XX - n.1 - gennaio 1967

L'altro peno di bravura è quello rcJa. ti\'O ni peccati di Sodoma e Gomorra. Qui l'angelo inviato da Dio cnt ra nella citlà guidato da Loth; tutto e immerso nell'oscurità e si ode un conccno di an• sili, miagolii e alfini, mentre uomini an– chcggian1 i ci svelano le preferenze ses– suali dd ?>odomiti. Poi. qualcuno scopre che l'angelo C!>plo– racorc non è poi "tanto male• e comin– cia l'inseguimento da parte di un~1 folla di individui in contorsione e impiastric– ciati in JTianiera fantascientifica di bi?>lro e bcllelli vari. Non rh·eliamo ai lettori che non conoscono l'episodio biblico J'c. sito dell'ìn,;;cguimento per non toglier IO• ro il gusto della sorpresa, se \'cdranno il film ... «Chi ha paura di l:irginia Woolf?» Il fine ddl'azione patologica masochista non è la sofferenza. ma il piacere (spcs. so intc<,o in senso epicureo di as~nza di soffcren;,a) solo chf' ad esso ?>iperviene per ,ic indirelle e allraverso soffcrcn;,e rilcnutc inferiori alla soddisfa;,io,w cui <,i conta di giungere. E quando il hisogno di piacere diventa pili pre".i'iantc cd è seguito da un aumen– to di am,ictà, allora si ?>copre uno sfogo dclinito come \'Olo i11avanli: l'io non può resistere più :! lungo al crescere clell'an• sictt1, deve quindi andare incontro all'c– ,ento tcmu10. Oue,10 preambolo, per spiegare il signi. ricalo del titolo " Chi ha paura di Virgi– nia Woolf? •, titolo che è la chia,c intcr– p1ctati\a dell'opera. "Chi h;1 paura del lupo catti\'O, del lu– po callivo. del lupo cattivo?• cantano du. rant.: le loro pas,;;eggiatc i tre porcellini nella fiaba di Walt Disney. Essi superano co<,ì l'ansietri. nominando e, quindi in un 62 certo senso uffrootando, ciò che più te– mono. Nel film, di Nichols, Virginia Woolf so. stituisce il lupo e rappresenta i vari tal– loni d'Achille dei due protagonisti della vicenda. Costoro, alla presenza di una gio. ,anc coppia che si trova suo malgrado coinvolta nel gioco apparentemente cru– dele, affrontano reciprocmnente le debo– lezze del proprio coniuge sciorinandole senza pietà. E qucs10 in un crescendo che porta ai pili dolorosi dei loro segreti: lo stato di madre fallita di Martha e la gelosia di George, con alterna assunzione del ruolo sadico, complemento indispensa• bile di quello ma?>ochista. Il film, lrallo dall'omonimo dramma di un giovane drammaturgo americano, Edward Elbee, è interessante, ma come spettacolo generico, 11011 come opera ci– ncmatog.-afica, essendo basato sul dialo– go e non sulla dinamica delle immagini. Del resto, dato il carallcre del sogget• to, sarebbe slalo molto difficile fare \'C– ..imcnte del cinema restando fedeli ad esso ed il rcgisla al cinematografo ha conces'io praticamente soltanto l'uso del primo piano. In opere di questo genere assume gran. de importama la i-eciia,ionc e qui tullo è andato per il ml.l&lio pcrchè gli interpreti sono stati tutti nll'altcna della situazio– ne. Dire così significa però sot1ovalutare la interpreta;,ione di Elizabeth Taylor che, superando di gran lunga altre sue ,,aJidis. simc intc'l)reta7ioni (e L'albero della \i– ta • ed clfTlpronisamentc l'estate scorsa•), ci ha offerto una Martha superba e indi· menticabilc nell'espres\ionc della sua vi– scerale e disperata fru~tn:11ione ammanta. ta di desolata tracotau;,a provocativa. LUCIANO FERRARESI

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