Volontà - anno XX - n.1 - gennaio 1967

« La Bibbia» Prendete un bambino di sette anni re– ducf! dalle lezioni di « dollrina » in par– rocchia e chiedetegli di descrivervi gli eventi biblici del paradiso terrestre, del diluvio universale (e relativa arca di Noè), ecc. e potete star certi che la sua descri– zione non sarà molto dissimile da quel– la fornita da John Huswn ne « La Bib– bia». A vedere questo film pare che dietro noi non vi siano secoli ricchi di eventi sia in campo filosofico, sia in campo figu– rativo, ma soltanto il vuoto. In questa sede l! chiaramente super(lua qualsiasi discussione relativa ai valori e– tici inerenti al film in questione e ci oc– cuperemo quindi sol!anto del suo aspetto formale. Si ~ costretti alla polemica anche dal– la vi:;ione degli enormi mezzi messi a disposizi~ne del regista, dell'immenso spreco di energie e di cose senza la riu– scita di un prodotto sia pure appena ac– cettabile. E non si può neppure dire che Huston dovesse addentrarsi in antri ine– splorati: sono infatti recenti due felici e• sperìenze figurative nel campo del film religioso e cioè « I I Vangelo secondo Mat– teo • di Pasolini e « La più grande storia mai raccontata ,. ài Georgc Stevcns. li primo, fondendo la lezione cinemato– g1·afica di E jzenstejn con asperità forma– li di gusto mcdioevale-savonaroliano– marxista, ci ha offerto un racconto scar– no, un po' freddo, ma abbastanza origi– nale. Ste,•cns ci ha fornito J'immagine di un Cristo veramente ecumenico valentesi di una veste cromatica e figurativa con pun– te di altissima preziosità e ispirata alla spiritualità ed alla fantasia trasfiguratri– ce di El Greco. E questo per non parlare del comple– mento musicale ricco nei due film di ri– chiami culturali: musiche di Vivaldi, Bach e spirituals per il film di Pasolini e brani dal Messiah di llaendel per l'o– pera di Stcvens. li film di 1-lu<:lonci ha invece amman– nito una colonr,a sonora desolante: quin– tali di violini e trombe frastornano lo spettatore con i commenti più convenzio– nali e petulanti. Huston rion doveva far altro, sulla scia dei suoi predecessori nel genere (non li chiamo for·tunati perchè Stevcns fu as– surdamente maltrattato sia dal pubblico, sia dalla critica), che scegliere un'inter– pretazione figurati\'a pc1· la materia trat– tata e per farlo bastava che non trascu– rasse completamente secoli di suggestive esperienze pittoriche. Con molta buona volontà, si possono trovare nel film due momenti (brevi) da sah•are: quello di gusto sunealistn (alla Dalì) in cui Abramo compie uno strano sacrificio nouurno con i corpi di due animali e quello in cui lo stesso, sulle rovine di Sodoma (anche questa scena ricorda il surrealismo), medita sulla di– subbidienza a~ voleri divini. Nel grigiore generale vi sono altri due momenti eh{: si distaccano e non certn– mcntc per i loro pregi. Uno è l'interminabile episodio relativo all'arca e al diluvio dove ci trodamo di fronte ad un Noè che ha più o meno la stessa dignitosità patriarcale del vecchiet– to western che mendica cicchetti nei sa– loons. Jl regista però non è sembrato di quest'avviso pcrchè ad un certo punto, per dare maggior calore umano al per– sonaggio, ha creduto bene di dover far rnzzolare il patriarca sul ponte del na– tante con immersione finale in un barile di pece usata per la calafatura. 61

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