Volontà - anno XX - n.1 - gennaio 1967
sono convinta che dietro la « pesante presenza delle m:1sse operaie» ci sono anche i cosidc.:tti socialisti utopisti, lo scomodo Proudhon (pcrchè più difficile (b catalogare), i populi'>li e nichilisti russi, gli ::marchici, ccc. Non net senso che questi uomini abbiano elaborato lcoric poi fatte proprie dagli operai; ma il contrario. E cioè che col prendere coscienza di sè delle classi lavoratrici e con l'affermarsi del valore del lavoro, ql!csta realtà vhlentc ha elaborato la sua concezione della vita, i suoi strumenti di penetrazione della storia e quindi di affermazione di se stessa, cioè la sua filosofia. Che è appunto una filosofia del lavoro. 1n ciò ha ragione Proudhon: Il popolo possiede b Fisolofia, si tralta quindi solo di aiutarlo a formularla. T socialisti utopisti, Proudhon, Marx, En– gels, Bakunin, ecc. ecc. sono stati i formubtorì dì un p<'nsìcro che già viveva ed cm quindi realtà operante. Se è vero come spesso si sente dire che gli operni vivono « marxisticamen– te » la loro condii.ione senza mai aver letto Marx nè .n·crne sentito parlare, non può essere vero il contrario, cioè i « fBosofi ciel lavoro» non sono pensabili senza la presenza operante della filosofia del lavoro. Così i contadini cubani non avevano letto Marx nè Proudhon nè Bakunin. E il « trascinatore» della loro rivolla nemmeno. solo in un secondo tempo que– st'ultimo ha dato una frettolosa (e -i motivi ne sono evidenti) formulazione « marxis1a: » di ciò che ua accaduto. Questo è il merito dei fonnulatori della filosofia del lavoro. Avere formula– to una realtà vivente, destinata per un certo periodo a controllare la storia, che non può prescindere da essa. Ma la realtà vivente è primaria rispetto a ogni sua formulazione. Quando la formulazione diventa primaria rispetto alla filosofia operante, essa, perdendo di modestia e acquistando di autorità fittizia perde ogni senso critico e tende a controllare la realtà, la quale deve entrare in essa come in uno stampo, diventa cioè un id('a\ismo. Ciò ci pare sia spesso accaduto alla formubzione marxi:-ta. L"l. quale, se da un lato ha fatto violenza alla fì!osofia opcr;:mtc, dall'allro, come è nella lo– gica di ogni ,,iolcnza, ha preteso di affermarsi cnme unica formulazione, cioè come verità. Tuttavia, malgrudo la violenza ideologica, il marxismo è pur sempre una formulazione della filosofia del bvoro. La sua stessa natura lo obbliga a pie– ga1·si alla vivente realtà, cioè a un ridimensionamento. Ridimensionare non si– gnifica revisionare. Vogliamo che Prnudhon non sia anatemiaato come « pic– colo borghese» e che cadano d~,i muri i ritratti di Marx; non perchè sia Marx, ma semplicemente perchè il culto di un uomo in ~eno alla filosofia del lavoro è assurdo. Questo discorso non è fatto in nome del passato nè dell'avvenire. Non in nome di una filosofia borghese nè in nome di una futura filosofia della li– bertà. Ma in nome della filosofia del lavoro che permea il nostro presente. Essa in quanto vivente e operante nella realtà da circ:: :i.un secolo e mezzo ci muta. Le sue varie formt!lazìoni hanno solo una secondaria importanza. Se la filosofia del lavoro è prim.:i.ria rispetto .:i.Ileformulazioni, ogni « for- 46
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy