Volontà - anno XX - n.1 - gennaio 1967

ideali?Lanc!ula (n~l senso che la interpreta, altrimenti sarebbe «!olografica»). E quindi Couhert, che ritrae i con1adini della Franca-Contea, la filatrice dor– miente (non una gentile signorina, ma una vera ragau.a del popolo forte e se– ria, abbandonata al sonno non per indurre in volullà, ma perchè ,eramente era stanca e si è abbandona1a). Questa scuola viene poi definita da Proudhon anche scuola «critica•· Ed è chiaro il perchè. Nella decacknza generale, sociale, politica e del costume, contro la qUélle, specie negli ultimi anni Proudhon si accani~cc come un pro– feta biblico, pur mantenenc\o intatta la sua firlucia nella vita e negli uomini, e quindi non somigliando affatto a quanti, come il pittore Chcnavard, affermavano vicina la e fine del mondo», guardare illla realtà significherà anche guardare a « come è negativa la realtà•, cioè significherà fare un e~amc critico di essa. Su questo pensiero sono basate le sue interprelazioni di alcuni quadri di Cour– bet: • La Baigneuse •, che rappresenterebbe la grassa e ottusa borghesia, il « Retour dc la Conférence •. che esprimerebbe il dramma del clero, costretto tra un ideale impossibile t: la vita reale. alla quale è des1inato a soccombere. cost1·etto quindi al peccato, che antiteticamente si oppone alla (impossibile) santità. E così via, prestando il Courbet ick:e che questo spcs,o non si era nep– pure sognato. E ignorando che Courbet nella sua opera oscillava tra la carica– tura (come nel Retour), che Prnuclhon odiava e l'accettazione della realtà nella sua pienezza (come in questa e in altre « Baigneuses »). Poichè l'artista, se non ha un minimo di abbandono al « così come è della vita», se non l'~ccctta anche nel mo.mento in cui la critica, non è tale. Jnscgni Dante e la sua partecipazione ai casi di Paolo e Francesca; il suo abbandono poetico al loro abbandono amo– roso; eppure li colloca nell'inferno, quindi li giudica, giudicando e criticando con essi tutla la poetica del Dolce Stile. E nello stesso Proudhon, quando tanto o51in:l!amentc rivolta le viscere dell'arte corrolta del suo tempo, quando osti• natamcnlc e categoricamente critica 1-lugo, L,martine, Ceorgc Sand (quella svergognata « donna in pantaloni•), esiste una forma di curiosità, di abbando– no e cli apertura. Questo limite tra giudizio e acccllaz:onc, che in Dante sim– bolicamente l• tratto dai gironi dell'inferno. in Proudhon è es.presso dalla con– tinua tensione spirituale tra i due poli, per cui egli appunto non è uno Che· navard e nemmeno una delle tante villime delle mode e delle abitudini del tempo. Qualc & ora la nuova e1à dell'oro dell'arte, che Proudhon impaziente del presente, voho a superare i limi1i delle tradizioni, anticipa, nel pensiero al– meno, leso e proteso come Rimbaud, che affermava: • Bi,;og11a essere assol11ta111e,11emnden1i •· (e questo era un precetto che Proudhon non mancava mai cli rivolgere agli ar1is1i del suo tempo)? E' l"Arte Umana, un'arte che riprenda l'ideale cli bcllezw elci Greci, solo che questa non sarà pili divinizzata, ma 1.1manizza1a (perchè l'Olimpo non sarà fuori della vita, ma sulla terra). 43

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