Volontà - anno XIX- n.12 - dicembre 1966

rantirgli le migliori probabilità di sopravvivenza per lui e per i suoi discen– denti. Le differenti forme di cooperazione, ì diversi tipi di interessi profes– sionali sono, sul piano sociale, testimonianze di questa lotta di mutuo appog– gio che conferisce un'altra forma al principio biologico della «lotta per l'e– sistenza». La stessa cultura può essere anche considerata come un sistema di mez– zi con i quali la collettività umana cerca di corrispondere a questo princi. pio essenziale di conservazione. Per un individuo isolato, la cultura è impos– sibile (non soltanto come concezione ma anche tecnicamente) senza condi• zioni tondamentali come la lingua, l'aiuto colleltivo, il bisogno di farsi com• prendere, etc. La lingua, la famiglia, la patria sono formazioni supcrindivi. duali. «Queste tre formazioni cli base - scrive Soloviev - sono senza dub– bio essenzialmente una manifestazione particolare dell'umanità, ma non del– l'uomo individuale il quale invece dipende in1eramentc da quelle che sono le reali condizioni della sua umana esisti?nza» (Cfr. «L'idea umanista di Au. guste Comte»). In Potebni (la grande autorità linguistica russa) leggiamo: «La lingua si sviluppa solo nella società è ciò non soltanto per il fatto che l'uomo è sempre una parte d'una totalità più grande alla quale esso appar– tiene (la sua tribù, il suo popolo, l'umanità), non soltanto dal fatto della ne• cessità di una reciproca comprensione che renda possibile dei rapporti uma– ni, ma anche per il fatto che l'uomo comprende se stesso uoicamente spe– rimentando sugli altri il senso della sua parola». Anche S. Trubetzkoi affer. ma che «l'uomo apprende la parola unicamente nella società degli uomini, e può così comprendere il senso logico ed universale della propria ragione». Ciò perchè l'istinto di conservazione è legato sin dall'inizio dell'esisten– za all'istinto «di massa», di cui parlano tutti gli antropologi. ell'opera del– lo studioso inglese Mac Dougal - «J probkmi essenziali della psicologia sociale» - troviamo delle argomentazioni interessantissime relative a detto «istinto di massa», il quale, per la sua comparsa nelle forme più primitive, non richiede «alcuna qualità spirituale, alcuna simpatia, alcuna tendenza al mutuo appoggio». Questo autore riti('ne altresì che l'esistenza dell'istinto del branco, nell'uomo primitivo, è un fatto dimostrato dall'antropologia; ma egli aggiunge anche che, negli uomini moderni civilizzati, questo stesso istinto esiste sotto le più diverse e le più origim,li forme, sottolineando «l'aumento spaventoso e disastroso delle città moderne, provocato anche non da ragio– ni economiche» e la tendenza dell'amministrazione a sviluppare questo i– stinto del branco, e concludendo: «anche in condizioni di libertà relativa, la formazione di aggregati sociali, compresi quelli delle nazioni, condizionati da questo istinto di massa, è capace di oltrepassarl! le regole ragionevoli ed an– che di dare risultati negativi». Questo istinto, infine, sarebbe - secondo il citato autore - alla base dell'elaborazione di quel sentimento di «simpatia 707

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