Volontà - anno XIX- n.6 - giugno 1966

Saintc-Beuve, nel suo saggio, è stato sopratlutto attento alle vicende perso– nali e alla corrispondenw, parendogli contenere questa la parte migliore del suo pensiero, quella letterariamente più valida e più vicina ai suoi gusti e interessi, per cui ha intitolato appunto il suo libro « P-J Proudhon, sa vie et sa corrcspon– dance »; ho preferito invt.!ce occuparmi delle sue idee fondamentali e delle sue o– pere, per cui il sottotitolo di questo saggio potrebbe essere: P-J proudhon, il suo pensiero e la sua opera. nel senso che appunto continuamente citazioni dall'opera avvalorino una determinata interpretazione del suo pensiero. Un altro principio metodologico che ho voluto tenere presente è che ogni ope– ra e ogni pensiero non possono essere avulsi dall'epoca in cui sono sorti e che quindi, in tale senso, ogni verità è relativa a un'epoca e a determinate condizioni economiche e culturali. Penso che ogni verità raggiunta cooperi con quelle del passato e con quelle a venire e che è inutile che una verità assurga a «vangelo»; spesso i miti e i «vangeli» nascondono una rinunzia a volere diretwmentc vivere e soffrire la verità. Ciò accade per i miti religiosi e politici. Concordo con Pla– tone che ta!i miti servono solo a chi si ritiene filosofo per meglio governare il popolo, cioè per meglio farsi obbedire. Ciò non accade invece ad esempio nel campo della tecnica, dove non ci si ferma come a un dogma alla macchina a va– pore, ma sapendo che deriva dalla trazione animale il suo principio, lo si svilup– pa in quello della macchina elettrica. Questo paragone valga a ilustrare un altro concetlo (e Proudhon è uno dei suoi fautori), cioè quello della necessità di una maggiore modestia da parte dell'atlività spirituale dell'uomo, rispetto a quella materiale, per cui sarebbe auspicabile che, nel mondo spirituale com~ nella sfe. ra della tecnica materiale, nessun risultato raggiunto fosse idolatrato, e che, in ultima istanza, sparisse poi la differenza di tipo manicheistico fra le due sfere. Proudhon è stato veramente llll anello della catena del pensiero; e solo uno dei tanti pensatori del suo tempo interessati alla « questione sociale». Egli si è sempre rifiutato di capeggiare sette, partiti e movimenti. E non è certo un caso che oggi nessuno possa parlare di proudhonismo. Lo consideri chi vuole un de– merito, penso che è un merito non fare del proprio nome il prefisso di un «ismo». Pe1· questo motivo ho preferito intitolare questo studio « Proudhon testimo– ne della società e della cultura del suo tempo», tanto per rendere omaggio al principio di cooperazione nello spazio, per cui ciascuno è testimone di qualcosa che gli è intorno (società e cultura), dalla quale è intimamente permeato e che è il frutto della collaborazione di tulli; quanto per rendere omaggio a quello di cooperazione nel tempo, mostrando i legami col oassato .e gli sviluppì nel futuro, anche se lenti, di ogni idea, per cui nessuna va posta come «autorità» sulle al– tre, con le quali invece coopera. Quindi il più estesamente possibile ho fatto riferimento per ogni argomento alle correnti di pensiero collegate e alle persone citate, come pure agli eventi storici, per cui il saggio su Proudhon a~sume per mc la funzione dì uno strumen– to di indagine e faro usato per illuminare gli aspetti e gli angoli di un'epoca e per cercare di guadagnarne una visione d'insieme. FABRIZIA RAMONDINO 330

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