Volontà - anno XIX- n.4 - aprile 1966

che non è possibile indicare sin d'ora, co– me si realizzerà l'anarchia, non ci si di• sobbliga dal « peso del presente». E il presente - il presente dinamico - è l'u• uica realtà dì cui si è certi. Il futuro e tutto ciò che « vive nel futuro» no~1esi• stono. Le costruzioni dell'avvenire sono aspirazioni, se 11011 acrobazie cerebrali, utili senz'altro, ma non risolutive. Si è forse già in grado di dire che la ciberne– tica, con la produzione di robots o niac– chine a cervello elettronico ausiliarie del. 1'1101110, ridurrà al minimo o eliminerà del tutto il lavoro inteso come fatica, ma quel che è certo e che maggiormente con– ta è che « la vita sociale è stata e sarà sempre necessariamente un fatto organiz. zativo ». Basta una qualunque assemblea, « che voglia fare qualcosa oltre al chiac– chiericcio ed ai bisticci " a farci risco• prire la grande evidenza! Necessità di di– stribuzione di compiti secondo compete~ za, di wmi, di rotazione, di limiti di tem– po, di delegazione e di rappresentanza, di rispetto della maggioranza, ecc. Se tut– to ciò avviene inevitabilmente in una sa– la, come p11ò non avvenire in una città, i,1 una regione, nell'intera società? Ma che succede nei nostri congressi, quando Si diffida perfino del « metodo maggio– ratario»? Si scion1111iottano gli estranei e si cade in forme paternalistica.mente O· ligarchic11e,ovvero capita che i pochi che emergono per intelligenza o per capaci– ti!. « vatrocinano e condizionano» l'avve- 11ime11to. C'è ,ma verità che non si vuole ammet– tere, ma in genere ci si comporta nel rispetto di essa. E' questa: « Tullo ciò che si può fare per il bene della società è cercare di migliorare l'organizzazione sociale attraverso il miglioramento degli uomini ». Che cosa facciamo, in genere, noi anarchici, di fronte, per esempio, al- le q11eJtioniin atto del divorzio e dell'ob– biezione di coscienza? Facciamo quanto è in nostro «potere» perchè esse si ri– solvano positivamente col e crisma giuri• dico». In altre parole, ammeuiamo im– plicitamente che un miglioramento della situazione sociale si concreta col e nel miglioramento di quelle istituzioni che noi stessi diciamo di volere debellare. Si· gnifica ancora che noi abbiamo accanto• nato il futuro per occuparci del presen• te, perchè il fulllro non ci verrà mai in• contro, ma siamo noi che possiamo «trar. lo fuori dal presente». Trasformare vuol dire anche distrnggere e ricreare in un tempo: il nostro e potere» in tal senso è ancora, purtroppo, un po' pochino. Se il determinismo ambientale è vero, è a11che vero che l'« ambiente è fatto di uomini». Il nostro atteggiamento di fa• vore verso i possibili miglioramenti del momento sig11ificainfine clte la differenza di fatto tra non.anarcltici ed anarchici nei confronti degli istituti attuali dell'or– ganizzazione non consiste nel fatto che i primi li sostengano ed i secondi li ne– ghino, ma nel diverso modo di influenza• re sugli stessi: i primi dal di dentro, i secondi dal di fuori. Tutti i teorici dell'miarchismo inteso come sociologia scientifica (e non solo co– me pratica di rivolta individuale) sono concordi nel pensare l'anarchia come la assenza non dell'organizzazione ma del disordine, ovvero come l'organizzazione per eccellenza, cioè armonica, che, apptm– to pere/tè tale, non lascia posto ai capric– ci, alle velleità ed agli arbitrl. Mi piace collegare qui due personaggi molto lon– tani nel tempo: L} 1 ssagaray e Masini. ll primo, combattente, superstite e storico della Comune di Parigi, ebbe a scrivere che quella si proponeva di « universaJiz. zare la proprietà e il potere ». Il secondo, 229

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