Volontà - anno XIX- n.4 - aprile 1966

non hanno senso; mentre poi ne facciamo delle Jllre; allora questo è ancora peggio. Ma allora è doveroso butlare via quello che c'è e cercare di sostituirlo, per– chè significa semplicemente questo: la rivista come tale, i giornali come tali non servono all'anarchismo vivente, gli servono delle altre cose; quali sono queste altre cose? Perchè non scopdre quali sono? A un anarchismo che si muova, che viva, non occorrono più strumenti così tradizionali come ur.a rivista o come un giornale. Viene ad affermarsi una esigenza di nuovi mezzi di propaganda, d'a– zione, di collcgamcnLO; se tuUe queste azjoni restano intcrva1Jate e non comu– nicanti, è pericoloso, è un guaio: non c'è la comunicazione dell'esperienza, men– tre dà ristoro e conforto il sapere che altri fanno altre cose, non importa quali. Però da tutto ciò nascono problemi nuovi per il movimento. Non soltanto il silenzio è pericoloso, ma è più pericoloso che si continuino a fare le vecchie cose e non si dica basta con le foccende di cni non cc ne frega più niente. Ci costano i pochi soldi che abbiamo, non ci servono a niente, anzi fanno più male che bene. Io sono il primo n riconoscere che oggi le nostre pubblicazioni non le dò a nessuno a cui tengo. Preferisco lavorarmelo da solo, bene o male lo faccio da me; perchè se gliele dessi distruggere.i quel poco che potrei aver fatto. A.: - Volontà certe volte si può ancora dare, ma non altre pubblicazioni italia– ne o certe riviste, per esempio quelle fatte in francese dai compagni spagnoli; mentre invece dò ancora volentieri e faccio leggere agli amici L'Adunata dei Re– frattari, che è un giomal~ di tradizione latina in un ambiente anglosassone, con un paio di pagine sempre vive. Innanzi tutto mi pare che la somma che si può fare è questa: smettiamo di parlare dell'anarchia e semmai facciamo dell'anarchismo, cioè comportiamo– ci in tulle le situazioni della nostra vita, fin dove vogliamo o possiamo, sceglien– do come metodo di azione il metodo am1rchico di libertà, di vigilanza, di diffi– denza verso le autorità ccc. Questa è un'altra cosa positiva da aggiungersi a tutta la mia serie negativa di prima; cioè esiste un metodo di azione anarchico, che grosso modo si può definire l'anarchismo e che ritengo ancora estremamen– te valido. Purtroppo questo metodo è applicato individualmente da singoli com• pagni o da singoli gruppi non collegati fra di loro. Quando da tutti noi è stata fatta l'analisi della morte dell'anarchismo, del movimento sindacale, dell'Europa, dei partiti, ecc., dovevamo rilevare anche questo: che anche le cose piccole non intercssnno più nessuno; i problemi che vengono dal posto dove stai tu, quelli del mio quartiere, ecc., i singoli aspetti della \ 1 ita ci interessano meno, pe-rchè? Perchè in fondo l'umanità è a un punto oltre il quale può cadere in un burrone. Ora cosa importa se abbiamo una stra• da meno curata; se c'è dcll'immcndizia davanti a casa mia; se invece di aprire un giardino dove i bambini possano andare a giocare, lo vendono alla Curia, op– pure ci fanno sopra una brutta casa! Cosa importa tutto ciò se il problema principale. è che domani possono buttarmi una bomba atomica in testa? Ci sono problemi vitali, grossi grossi, che noi non riusciamo a controllare, perchè sono certamente fuori dalla nostra azione attuale e tradizionale. 208

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