Volontà - anno XIX- n.3 - marzo 1966
modificandole. Noi l'abbiamo visto tante volte nelle situazioni locali, che sono una specie di campione della realtà sociale nelJa quale viviamo. Là dove qual• che raro compagno ha rifiutato la vecchia posizione dell'anarchismo cd ha con• tinuato ad agire, un certo tipo d'inrluenza, un certo tipo di azione anarchica c'è stato, ~mche se mancava di qu-.:sta etichetta. Però egli era addirittura osteggiato dai compagni, anzi regolarmente scomunicato, cosa veramente assurda. L'anarchismo ha avuto paura cli collegare la sua sorte con quella del movi· mento operaio italiano. Tagliato il cordone ombelicale con b sd'rgente più viva della <:ua ragione di esistere, il movimcnLO è morto, pili rapidamente cli quello che sarebbe successo ugualmente, forse; però è morto soprallullo perchè esso stesso si è tolto questa linfa vitale che gli viene ... da che cosa? Da un mondo che è sottomesso, la cui ragione principah: di e5sere è quella di liberarsi. Il mo– vimento anarchico - che è il sostenitore ad oltranza, l'antesignano dell'idea di libertà - non può che anelare fra gente che deve liberarsi: liberarsi da una S?· rie di catene, che sono economiche, sociali, sindacali e di ogni specie, ma che si traducono sempre nella illibcrtà della gente che la\'ora, dei poveri. 11 movimento anarchico italiano - uscito dalla guerra di liberazione cui ha partecipato pili o me-no - ha avuto una sola assillante preoccupazione: non compromc1tersi. li non compromettersi lo possiamo anche capire. Noi giovani, a suo kmpo, abbiamo fatto un'analisi del pcrchè di questa disperata volontà di non comprornzttersi e l'abbiamo capita. Gente che aveva combattuto venti anni - chi in esilio, chi in lrnlia, ma tutti nelle condizioni più strane - per non rimanere uccisa individualmente come coscienza, ha dovuto tenere gelosa• menh •. accesa quella fiammella eh~ Poi un bel giorno ci ha riconsegnato. Noi lo capiamo bene qual è il fine di questa \'Olontà di non compromettere l'anarchi· e.mo, ma non la possiamo accettare. Finita la guerra di liberazione l'anarchismo do\'eva compromettersi, g;!ttar• si nella lotta, veriCicarc la validità delle sue idee, trovare alimento dai fatti, dal– le azioni che la gente avr;>bbc compiuto, anarchici o non anarchici; con il ri• schiodi tulle quelle selezioni umane che la storia offre a chi la stucli; la vita è un crogiuolo. Ci sono sempre delle ragioni di compromesso, è ovvio; ogni giorno ognuno deve compmrneH:!re qualcosa per poter mangiare, per vivere. E– siste un certo tipo di compromesso che è inevitabile, ne esiste uno che di,,cnta inaccellabile, quando si pone al livello dei grandi e m~rcantcggia la propria sor– te. Questo è il compromesso che si deve rifiutare; ma non il compromesso con Jc idee degli operai, i quali - anarchici o comunisti o cattolici - sono tutti dei dip;:ndcnti, dei salariati, sono tulle persone pressate.da qualcuno che sta al di sopra di loro, il quale pretende che facciano cose che essi non YOgliono e non .::levano fare. Perchè allora non ci si deve compromettere nel trovare un minimo di unità d'azione, cercando che questo minimo aumenti sempre cli più? Comunque non vorrei esagerare nell'attribuire la causa principale della crisi dell'anarchismo alla palll·a del conta11O op~raio e sindacale. E' chiaro che è ve– nuto a mancare un altro tipo di contributo. I migliori componenti ciel movimen• to anarchico sono morti durante la liberazione, o prima, in esilio ccc. C'è ~tato 183
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