Volontà - anno XIX- n.3 - marzo 1966

come è il nosLro caso. Pigliale anche dei gruppi, come il gruppo di via dei Giag– gioli a Milano; sono dei pacifisti, e fanno più loro in senso positivo che g!i altri gruppi di Milano; esistono ancora perchè fanno qualcosa. « Di fronte alla psicologia generale dtil popoli e dei poteri che li governano, quale attitudine dovrebbe adottare l'anarchismo per accele·rare la realizzazione dei suoi obiettivi»? Questa domanda è inleressante perchè contiene la parola psicologia e la pa– rola attitudine. Veramcnt-::: questo è uno strano modo sociologico di parlare, qualunquista, dirci; e mi pare dimostri che noi siamo vecchi persino nell'enun– ciare i nostri stessi tentativi di rinnovarci. Perchè abbiamo paura di usare le parole organizzazione, azione, scopo, obiettivo. lo avrei detto: di front-e alla si– tuazione attuale dei popoli ecc., quali obiettivi, quali scopi, quali organizzazioni dobbiamo adottare per fare qualcosa? Inv.:!ce c'è scritto « quali attitudini!» Ma cosa vuol dire attitudini") Non vuol dire nientz! L'allitudine è un pio desiderio, un pezzo di anima, è una roba che non c'è. Allora cosa resta di positivo nel movimento anarchico? Io non lo so; io continuo a dichiararmi ta!e soltanto per fare dispetto agli altri e perchè è una posizion~ migliore fra lo schifo generale. Poi definirsi anarchico è utile; allon– tana tanti stupidi che hanno paura del nome, credono - anche dopo Hiroshima e Nagasaki - che siamo noi a tirare le bombe, ci temono. Si evita così di discu~ tere con loro, si perde meno tempo, si fa una scelta delle conoscenze. Di positivo c'è che ~e « Volontà» pubblicherà il resoconto di questa riunio– ne, evidentemente avrà a suo merito il fatto di pubblicare anche le critiche più acerbe: che mai - nei _[?iornali e a proposito di se stessi - i comunisti, i preti, i fascisti, i monarchici, i repubblicani, i socialisti, i nenniani, i saragatiani, gli psiupiani, mai pubblicherebb:!ro. Quindi è una cosa molto positiva. Olfrc a ciò cosa ci sia nell'anarchismo io non lo so. O facciamo seriamente un'opera di indagine, di studio, di spiegazione di certi problemi fondameotali e allora la stampa è l'unica cosa che importa (ma la stampa italiana e neo-latina in gener~ non vale niente); oppure piantiamola e mettiamoci in altri movimen• ti che sono simili al nostro e lì facciamo un'azione che altra gente fa: può esse– re la nonviolenza, il pacifismo, quello che volete. Soprattutto facciamo una cer– ta azione nel luogo dove lavoriamo, che è sempre il nostro punto di rifcrimef1( 10, la nostra idea fissa. Vale molto di più se ognuno di noi fa e dice certe cose e prende certe posizioni e scrive, se scrive, n~l luogo dove lavora, che non sem– plicemente dichiararsi anarchico; come il cristiano che si dichiara tale ma do– po fa una vita normale. Voglio conclud.:re con una nota otlimistica: se siamo ancora sinceri, se la– viamo in pubblico le nostre mutande, siamo migiiori degli altri. Invece che stra– morti, respiriamo ancora, viviamo 1 B.: - Prima di tutto ritengo necessario fare una premessa di carattere ge– nerale: l'inchiesta parte da un gruppo di anarchici italiani i quali vivono in. Eu- 181

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