Volontà - anno XIX- n.2 - febbraio 1966

(della fcmminofobia) - continua Dcmma - ho ritenuto che fosse ur– gente e interessante attraverso un'in– chiesta, fornire delle dimostrazioni precise. Ho formulato così delle do– mande che non sono più concepite se– condo Io schema vecchio per dimo– strare che esiste la sessuofobia, ma secondo quello nuovo di mostrare la fondamentale opposizione che c'è tra istinto di mascolinità e femminilità. Questa opposizione è costituita dal fa– moso concetto dell'onore sessuale ». L'onore - osserva Demrna - non è sessuofobia, cioè odio o disprezzo in– discriminato per il sesso, ma femmi-– nofobia, cioè odio e disprezzo per la donna e la sessualità femminile. Il nu– cleo autentico e originario della re– pressione sessuale non sarebbe dunque la repressione sessuale generica, ma la paura maschile di «essere penetra– ti», la paura maschile di essere fem– minili. Abbiamo visto come questa tesi, sul piano zoologico, non si regga davvero. Ma vediamo le «prove» che Demma porta sul piano sociologico. Egli ha present:llo questa sua sco– perta, come ho detto, con una « Inchie– sta suJl'onore » condotta su 26, dicesi 26 operai meridionali. Mi sembra su– perfluo sottolineare il valore ben scar– so che un numero così esiguo di in– tcr vist.:tti ha, ai fir..i d'un~ d;!!,?rmina zionc ùegli atteggiamenti dominanti. Inoltre, credo che Demnrn prcnCa un grosso :i.bbaglio quando accetta come manifestazioni dei pen~i~ri e degli .at– teggiamenti profondi e reali le dichia– razioni che chiunque (ma specialmen– te dei « meridionali tipici ») rende in materia di moralità e comportamento sessuale. Ma anche accettando per va- 112 lide le dichiarazioni degli intervistati, non mi sembra davvero che esse con– fermino validamente le tesi di Dem– ma. Come egli stesso dice, la confer– ma delle sue tesi dovrebbe scaturire dalla condanna di gran lunga mino– re, anzi dalla virtuale assoluzione, del– l'omosessualità attiva, quella del co– siddetto « masculo », rispetto all'omo– sessualità passiva, quella del cosiddet• to « finocchio», in quanto quest'ulti– mo costituirebbe appunto il simbolo dell'omosessualità femminile rimossa da una larga maggioranza dei maschi «normali». Mi SQnO preso la briga di esamina– re le risposte dei 26 soggetti diretta– mente, anzichè attraverso i consuntivi che ne dà Demma alla fine del suo scritto. E ho constatato che, su 26 in– tervistali, 3 non hanno risposto affat– to, mentre 7 hanno risp0sto di prova– re uguale schifo per l'omosessuale at– tivo e per quello passivo. Dei residui 13 intervistati, con buona pace di Dem– ma, 7, per sua esplicita dichiarazione, hanno risposto di provare « più schifo per il masculo »: la maggioranza, dun– que, ha dato la risposta contraria a quella che Demma si attendeva. In queste condizioni, che cosa Demma creda di aver dimostrato con la sua inchiesta, resta oscuro. Era chiaro che, posti daJla domanda di fronte al– la necessità di scegliere tra l'uno o l'altro tipo di omosessualità, gli inter– vistati potevano rispondere «bianco » o « nero ». Il semplice calcolo delle probabilità assegnava 6 risposte e mez– zo a favore del colore atteso da Dem– rna. E Demma ne ha avute appunto sei. Sia chiaro: io non intendo affatto

RkJQdWJsaXNoZXIy