Volontà - anno XIX- n.2 - febbraio 1966

nuarc pr-e:,unli mo1i,1i morbosi di que– sta sua presunta infatuazione. Jnoltre, Demma è più volte ricorso :i un m1..~1odo in.'..'!.::ce11:.1bile di discus– sione: quello di utilizzare tendenz.io– samcnte e senza preavviso la corri– spondenza personale o addiriuura di ,11tribuirmi questa o quella battuta di conve1·sazionc. Ora è noto che, per lo– ro na111ra, le battute di conversazione non :,ono comprovabili nè smentibili, sono ~cmprc fraintendibili e si pre– ~rnno ad ogni clefo1·mazione. Soprattutto irritante è il tono spes– so usato eia Dcmma nei confronti di chi non la pensa come lui e perfino di un pensatore come W. Reich che ebbe l'esistenza avvelenata e stronca– ta proprio da quelle forte reazionarie che Ocmma dice di affrontare con lanta maggiore intransigenza. Sotto quel tono si sente non solo la persua– sione cli costituire il massimo vertice della sapienza umana (ciò sarebbe comprensibile e perdonabiJc, data la giovane età di Demma) ma il bisogno di crearsi intorno il vuoto per meglio emergere, di abbassare per esaJtarsi: è un aueggiamento davvero poco a– narchico che non qualifica di certo Demma ad impartire lezioni di anar– chismo al colto e all'inclito, come pre- 1enclc di fare. Inoltre, a mio parere, gli scritti di Dcmma, pur contribuendo efficace– mente ad approfondire :1lcuni aspetti dell'omosessualità, non hanno affatto il valore apocalittico che egli sembra ~tlribuirc loro. Esaurite comunque queste considerazioni preliminari e forma.li , mi sforzerò di discuterli nel– la loro sostanza come se fossero stati presentali nel più amichevole, equili• 110 brato e rigoroso dei modi. Tutta la critica di Demma alle teo– rie mie e dì Reich è basta sulla sco– perta di quella che egli chiama fem– minofobia, cioè il disprezzo della fem– minilità che caraueriz1.a in modo par– ticolarmente spiccato la mcntaJità del– le nostre popolazioni meridionali. A mio parere si traila però, in larga mi– sura, della scoperta di un ombrello. Sono decenni, ormai, che la sessuo– logia anglo-sassone va denunciando il cosiddetto double standard, cioè la doppia moralità in base alla quale l'e– spressione della sessualità femminile è condannata ben più severamente che non quella della sessualità maschile. E, per quanLo mi riguarda, in Sesso e civiltà e in tulle le mie opere suc– cessive (ma specialmente in Sessuofo– bia e Sociologia del sesso) ho sotto– lineato e documentato quanto sia si– stematico, nella nostra tradizione re– ligiosa e morale, il disprezzo della donna. Ocmma sostiene che tutta questa misoginia (o [emminofobia, come egli la chiama) si spiegherebbe con la ri– mozione delle tendenze omosessuali del maschio (secondo lui molto diffu– se anche allo stato cli natura): l'uo– mo, cioè, odierebbe la femmina per– chè ha paura della propria femmini– lità latente. Quando però si esaminano le «pro– ve• che Demma porta di questa sua tesi così violentemente sostenuta co– me « verità definitiva• in campo ses– suologico, non si può non restare de– lusi. Per quanto riguarda il sostrato biologico dell'uomo, il materiale zoo– logico non offre di cerlo nessuna pro– va convincente alla tesi di Dcmma, e .

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