Volontà - anno XIX- n.2 - febbraio 1966
Non illudiamoci, da questa lotta insensata, qualunque ne sia il risultato, non potrà che nascere un mondo seviziato di schiavi destinato a vivere una sua convulsa miseria, in mano a una minoranza agitata e violenta. Oggi noi viviamo certo in un secolo di transizione che ci lascia con il fiato sospeso di fronte a iniziative e ad eventi premonitori di nuove e più grandi tra– gedie di popoli. Nelle nazioni più evolute non sono mancate, per la verità, le conquiste del lavoro conseguenti alla lotta di cl:lsse; ma noi dobbiamo guardare a tutta la popolazione mondiale per giudicare dei risultati, dobbiamo aspirare ad una meta molto più grande perchè la morale e la dignità umana ci confermano che i rapporti sociali futuri dovranno avere una loro linea pratica organizzativa in un concetto universalistico della vita. Anche il nazionalismo dell'ottocento era nato da un lungo travaglio di tran– sizione e dalla necessità di circoscrivere il danno derivante dalle lotte europee di predominio: col nazionalismo entro precisi confini, rimane infatti a ciascuno il compito di pensare a se stesso. Il nostro secolo ha raccolto questa eredità nel bene e nel male che ne è venuto ma non può aver rinunciato a servirsi dell'intelligenza di fronte ai nuovi e più grandi problemi derivanti dalle scoperte scientifiche. I ristretti confini concettuali dell'ottocento sono ormai anacronistici e indi– fendibili; e la prima guerra mondiale, chiudendo il periodo storico delle riven• dicazionì su base tradizionale ha aperto davanti a sè il ciclo assai più rninac• ciosi delle dittature totalitarie. Dittature tutte che intendono impegnare anche ideologicamente l'intera massa dei governati, e creare l'illusione di un potere nato dalla volontà stessa del popolo ed esercitato in suo nome. La seconda guerra mondiale si è preparata su questa mentalità dittatoriale e ci ha dato la misura di una immensa tragedia che non è da considerare solo nel triste risultato della forza materiale distruttiva ma anche, e soprattutto, nella violenza della aberazione spirituale nell'uomo e nella decadenza squallida della morale sociale. Con questo sguardo nel passato abbiamo seguito il periodo storico che, per gli ultimi secoli, ci ha sottoposto i fatti derivanti dal governo politico dei po– poli organizzati ciascuno entro gelosi confini territoriali. Il quadro che ne è dervato è del tutto negativo perchè la precarietà dei rapporti nell'ambito di questa coesistenza di nazioni è estrema e drammatica, tanto che l'uomo è ridotto ormai a vivere in uno stato di tensione e di sospetto con gli altri uomini e con se stesso. L'uomo moderno è prigioniero e condizionato negli atti di vita e nei pen– sieri; il cittadino ha perduto ogni diritto civile e sa ormai benissimo che non v'è codice valido a difendere gli inermi dai massacri e delle servizie negli eventi di guerra. 95
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