Volontà - anno XIX- n.1 - gennaio 1966

ciclà consiste nell'uguaglianza nativa degli uomini: l'uguaglianza dei diritti». E quale più bell'incontro, srJI terre· no e concetto della «Libertà» di quello <li Bakunin, e, di Mackay (il biografo di Stirner)? questi due individui, tanto differenti l'uno dall'altro per tempera– mento e formazione, qusti due uomini che non si sono mai visti e tanto meno incontrati sia come teorici dell'anarchi– smo, quando si tratta di definire in che cosa consiste la vera libertà si esprimo– no pressochè con le stesse parole. Scri– ve Bakunin: «Io non posso dirmi vera– mente libero se non quando la mia li– bertà mi permette di non obbedire a nessun altro uomo; e mi pennelte di determinare i miei alti secondo le mie proprie convinzioni»; ..... ....« Non sono vera·mente libero che quando tutti gli esseri umani che ml circondano sono «ugualmente liberi». E H. Mackay, cinquant'anni dopo in– contra e sposa il pensiero bakuniniano, colle seguenti parole: «Sono libero, quanclo non sono costretto da altri a fare qualche cosa contro la mia volon– tà»; «La libertà è uno stato sociale ove t.utti gioiscono d'una «uguale libertà» in una società s·enza autorità»; «La li– bertà non può esistere che allo stato di «uguale libertà per tutti»». Altro curioso sorprendente «incon– tro» è quello di M::iblv e di V. Hugo - <;ul tema della «guerra» civile T1primo dichiara: «Se ogni guerra ~ dannosa alla società, la guerra civile ~ un ~rande bene». V. Hugo non la pensa differentemcn– le, quando, mezzo secolo dopo, scrive nei «Miserabili»: «La guerra civile? che si vuol dire? . Finchè il grande concor– dato umano non sarà concluso la guer– ra civile ...può essere necessaria .... rf. stabilisce la verità sociale:... quale guerra pii1 grande?». Non si finiJ"cbbc più di citare qucslc curiose e talvolta sorprendenti analo– gie di pensiero di cui è piena la lette– ratura. Ma, venendo all'argomento della «sof– ferenza» (o dolore), di cui si è occupa– ta la Rensi, accanto al pensiero di suo padre ed a quello di Kolncy, si può col– locare quello del brillante e sarcastico scriuorc-filosofo Adolphe Rette, il qua– le, nei suoi «ldyllcs cliaboliqucs» si e– sprime come segue: uLa sofferenza è un branco cli leoni che ci assedia; chiunque non si sfon.a di vincerla, chiunque non la odia, non si innalzerà mal al disopra di sé stesso. Striscerà, imbrallato dal fango delle sue lagrimc fra gli scrupoli cd I lamenti . E frat1anto i forti, i creatori della grande razza futura levando contro quelli della noia 'e contro quelli della morte uno stendardo di sole, schiacce– ranno loro la nuca sotto i loro tali~ ni e li getteranno nel truogolo dei por– ci». Sempre sullo stesso argomento e or– dine d'idee, in un suo saggio filosofico, Luigi Rignano prende pure posizione contro la morale esaltatrice del dolore. Sono parecchie le pagine dedicate a questo soggetto e meriterebbero di es– sere riorodotte in grande parte tanto il ragionamento è profondamente logi– co, e umano. Per il Rignano esiste un solo dogma o verità assoluta (espres– sioni equivalenti) ed è che il dolore è assolutamente inammissibile, assurdo. anormale: è uno stato di anomalia; «u• no si.alo di contraddizioni. e di disac– cordo con sè stesso». Pertanto, conti– nua Rignano. sono «assoluti» i doveri di non cagionarlo, e, di combatterlo». 47

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