Volontà - anno XIX- n.1 - gennaio 1966
nuovamente ad una barriera di mura immiti, sovrastate da un piccolo e struggente quadrato di cielo. Quelle gabbiette che dòndolano - sorrette da mani incatenate, sotto un sole radioso che sembra dare un contrasto ancor più penoso ira quelle catene e la bellezza del paesaggio marino che richiamano il pensiero su di una sconfinata libertà - sembrano avere un non so che di occulto, come se fossero padrone di un segreto faustiano, di una specie di vittoria anche sulle più tremende condanne degli uo– mini. Il mio pensiero corre ad un patetico passo del e< Cuore » di De Amicis, e che rni restò impresso fin da i primi anni di scuola. Cito a memoria, ma ho la certezza che è testuale: << L'assassino che rispetta sua madre ha ancora qualcosa di gentile nel cuore; il più glorioso degli uomini che l'offende e l'addolori non è che una vile creatura». Penso che que1le mani possono aver ucciso, forse anche la stessa madre; ma per quali misteri dell'animo umano quei disgraziati trova– no la possibilità e la serenità di trarre un indefinibile conforto da un fragile uccellino prigioniero come loro? Sono enigmi che forse anche il più acuto dei psicologi non saprebbe decifrare; e fanno pure pen– sare, a meno che un essere umano non impazzisca del tutto, che qual– cosa di <( f!"entilc » rimane sempre nel cuore di un uomo, per quanto orrendo sia stato il suo delitto. « Mirabili contraddizioni dell'animo umano)>, diremo con Pascal. Può darsi che nell'inconscia psicologia del condannato si faccia strada un sentimento del tutto particolare: l'animale non dà certo nessun giudizio sull'operare degli uomini; esso, se è allo stato dome– stico, si limita ad evitarli solo quando si vede maltrattato; ma non di certo come conseguenza di un gindizio morale, semplicemente per istinto di difesa. L'uomo, invece anche quando perdona, non può Jibe– rarsi da un'implicita moralità giudicante: conseguenza naturale e sen– timentale della sua << auto-coscienza >).Egli «giudica>> sempre, e sia pure tacitamente, anche quando esprime il più sincero perdono. E' inevitabile, anzi ineluttabile nell'attuale orientamento psichico dell'u– manità. Il triste drappello dei condannati sta salendo la scaletta di bordo, preceduto da un gruppo più numeroso. Alcuni gabbiani sembrano che salutino con dei giri maestosi into!'no alla nave. L'unico ed ignaro saluto. non umano in quel momento; e che mi fa ricordare quel gesto semphce, ma denso di umanità descritto da Oscar Wilde nel suo « De Profundis_)>: il di_lui_amico, eh~ non nomina, quando« attese nel hm– go e tragico _corndo1? per potersi togliere con atto grave il suo cap– pello davanti a me, in cospetto della folla che fu ridotta al silenzio 38
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