Volontà - anno XVIII - n.10 - ottobre 1965

la Chiesa primitiva. E dobbiamo pen• sare che tale educazione . fosse enor– memente formativa, e soprattullo ri– voluzionaria rispeuo alla tradizionale scuola romana. Evidentemente agli A· postoli non interessava sottilizzare sul• la bellezza retorica o sulle forme gram– rnat icali dei Vangeli: agli Apostoli in– teressava formare delle «coscienze» di figli di Dio o fratelli in Cristo, delle coscienze che sapessero cQmc compor• tarsi nella lotta contro una società pa– gana ed ingiusta. Come è facile com• prendere, in questo modo g_li Aposto– li attuavano veramente una educazio– ne, compivano un lavoro educativo su vasti strati popolari al fine di renderli pronti ad attuare il «regno di Dio». E bisogna senz'altro ammettere che tale lavoro fu compiuto con impegno, se già verso il 11 secolo, come è stato scrillo (2), comunità cristiane i cui a– derenti rinunciavano ai prQpri beni in favore della comunità stessa, in vista della realizzazione di quell'amore fra– terno fra gli uomini, predicato dal Cri– sto. La diffusione apostolica incontrò le sue prime vere difficoltà - in senso ideologico-culturale - quando comin– ciò a muovere i primi passi all'interno dell'aristocrazia - e poi della corte -, e, per conseguenza, tra gli schiavi. Si era già avuto, all'interno della Chiesa, il contributo di alcuni intellet– tuali e aristocratici, ma essi partecipa– vano alla Chiesa come individualità, e perciò si disperdevano facilmente tra la massa dei fedeli, almeno dal punto di vista ideologico-culturale. Ma era i- (2) Tertulliano: « Tutto è comune tra noi. tranne le donne": Ambrogio: • Ln natura mise tutto in comune per l'uso di tutti, essa ha creato il diritto comune, l'usurpazione ha crea– to il diriuo privato•· nevitabile che le cose cambiassero quando l'aristocrazia, come gruppo SO· ciale, entrò nella Chiesa. Nei confron– ti di questa classe, non era pensabile che la Chiesa assumesse un atteggia– mento negativo, di attacco e di rifiuto: e da pane sua non era possibile che l'aristocrazia rinunciasse spontanea– mente ai suoi privilegi (3). In questo modo si verificò un primo, un sensi– bile compromesso, vale a dire un ac– accordo pratico tra l'originaria esigen– za egualitaria delle masse che aderiva– no al Cristianesimo e la ineliminabile presenza di una forte autorità al suo interno. Così, si arriverà, alla fine del TTJ secolo, alla definitiva riconciliazio– ne del Cristianesimo con l'Impero Ro– mano. L'apporto culturale della classe do– minante fu vastissimo, soprnttuttQ per quel che riguarda le tradizioni prati• che e letterarie di Roma. 11 conflillo che ne nascerà, tra la volontà di rom– pere definitivamen1e con il passato pa– gano e la necessità pratica di utilizza– re i suoi elementi (conflitto che rispec– chia, come è evidente, il contrasto po– litico-socia!.::= determinato dall'entrata dell'aristocrazia nella Chiesa) sarà lun– go e di difficile soluzione. Tn ogni caso, l'aristocrazia determi– nò le nuove scelte della Chiesa: in par– ticolare, sarà l'aristocrazia che forni– rà il modello alla scuola cristiana, e cioè il modello a tutta la pedagogia cristiana: modellQ che sarà, inevitabil– mente, la tradizionale scuola classica roman:a. D'altronde, la primitiva educazione, di tipo formativo, catechetico, si rive– lava impotente di fronte alle nuove e– sigenze (soprattutto culturali) che si (3) Vedi Matteo 19, 21-24. 589

RkJQdWJsaXNoZXIy