Volontà - anno XVIII - n.8-9 - agosto-settembre 1965
percentuale di iscritti, orario scomodo, bambini stanchi e senza attaccamento al– la lezione, classi in cui ogni elemento è un problema particolare, poche ore per settimana per una lingua difficile che ha dato Dante, che cosa potranno fare que– sti bambini nl rientro in Italia? Chi co– nosce già l'italiano, sopraltutto se in una famiglia di discreta cultura (e sono po– che tra gli emigrati), può conservare ed csercit ;i.re questa conoscenza, ma la me– dia non potrà entrare, dopo il rimpat1·io, in una cl;i.sse corrispondente alla sua età, donde perdita di anni e squilibri di ogni genere, anche psicologici. E per quelli che eventualmente rimarranno qui, ci sembra che siano già molti gli italiani che non sanno scrivere decentemente una lettera nella loro lingua, che è ahresì una delle lingue nazionali svizzere. All'ultima cerimonia delle promozioni, il Presidente delle Scuole Italiane ha lan– ciato un appello pe1· la conservazione e l'ampliamento di questa istituzione e una proposta concreta per migliorare la si– tuazione. Si tratlcrebbe di creare, con au– le prestate dal cantone e insegnanti re– clutati sul posto, pagati dal governo ita– liano, delle classi speciali dette « giardien• ne,. (di sorveglianza), da iniziarsi dopo l'uscita delle classi ginevrine, dalle ore 16 o 16,30 fino alle 18 o 18,30, cioè fino a quando i genitori, tornando dal lavoro, possono prendere i figli. Gli insegnanti, con buone conoscenze del francese, in u– na prima parte della lezione, aiuterebbe– ro i bambini a svolgere i compili di fran– cese, e, in una seconda parte - e questo per lo meno un'ora al giorno - svolge– rebbero un piccolo programma di italia– no, con più calma, più tempo e più pre– stigio. La maggiore affluenza di allievi permetterebbe una migliore divisione del- lt! classi con clementi più o meno allo stesso livello per età e per cultura. Spc– d<1mo che questa struttura possa venir <1pplicata nel prosdmo anno scolastico. E' certo che a Ginevra e in campo fe– derale il problema resta e preme su vari fronti. Dopo dibatliti e indecisioni, il Conso– lato ha lasciatu cadere il progetto delle "classes d'accucll • (classi con program– mi metà italiani. metà svizzeri) concepite per l'integrazione dei nostri bambini nel– la società elvetica; le aule e gli insegnanti sarebbero stati pagati intcramerite dal go– verno italiano e possiamo allora doman– darci se sarebbe stato giusto pagar noi questa integrnzione di clementi nella so– cietà ospite, elementi utili in futuro a qul!Sta società e non alla nostra. L'idea delle scuole governative piace a molti, ma, a parte i! costo, bisogna con– siderare che delle scuole solo per italia ni. come al tempo del fascismo, restrin– gerebbero le possibilità d'integrazione (a differenza delle • classes gardlennes ,. - teoria Sancisi) e obbligherebbero i bam– bini al rientro in Italia. Le Missioni od organismi vari cattolici hanno sempre cercato di prendere in ma– no l'educazione dei figli d'emigranti e, nei cantoni cattolici, assistiamo in genere al monopolio delle Missioni sull 'educazio– ne; anche nei cantoni protestanti, come Ginevra, le Missioni si danno da fare e pensiamo che una società laica come le Scuole Italiane siano una spina nel cuore degli organi ecclesiastici. A Ginevra poi e nella maggior parte della Svizzera, le Missioni hanno dei nidi d'infanzia per bambini dai tre ai sci anni. E' notorio comunque che. a parte isolati sperduti, l'educazione italinna in Svizzera dipende 525
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