Volontà - anno XVIII - n.7 - luglio 1965

E1>kuro, morente pare per malattia ;\troccmcnlc dolorosa, scrhc,a al suo ;m1ico ldomcn<.:o: • TI scrivo nell'ultimo, e 1>er con.sc -– gucn:,,.a, nel più bel glon10 della mia vita. Sorfro di dolori così atroci alla vescica e nllc viscere che non credo sia posslblle provarne cli più fori!. Ma I ricordi del miei princìpl, delle mie sco1>erl<' e delle mie amlclz.lc, ml rtem• plono d'una gioia superiore che tutti 1 mali :.compaiono•· L'epicureo arri,•a ad accumulare tut. ti i -,uoi piaceri, a Portare la sua al• tcruionc ~ulle proprie gioie, a godere delle felicità passate, presenti e p-::rfL no di qudlè future. Sotto questa im– mcnsn felicità, nasconde i pici.:oli dolo. r i che non può evitare, o li trasformn in gioia, In questo oceano di gioia, una piccola goccia d'amarezza non può che aumentare la felicità, conferendo ad e-,sa un \aporc più vivo. Cosa l'cpkurcismo ben comprt.-so, c– lcrnto hn dmc Epicuro lo cle\'a, costi– lui~c. in effetti, la felicità continua, la perenne libertà di spirito, l'inesau– ribile indi\ idualismo. Ma, tu1ti coloro che si sono ritenu– ti epicurei, sono g~unti alla stessa al• 1c1a1 di Epicuro? Permettetemi di non rb1)0ndcr~. Vi furono dei Romnni che si piccarono di epicureismo. Purtroppo i Romani, siano stati imperatori o sia.. no ~tolti papi, siano stati i bruti , io– lenti o le bestie sornione e religiose, gua-,tarono sempre tutto ciò che toc• t:.irono O pcn.:hc certi Epicurei degradarono la doti I ina, o perchè c'era qualcosa di leggermente equivoco nella parola stes– ~a che il maestro usava, vi furono :.iltri inrJi,,idualisti cbe combatteron0 questa dottrina. Gli Stoici si sono schic.. 430 rati sempre contro gli Epicurei. Gli Stoici pcnsa\'ano che si dO\'CSSC ubbidir.! alla ragion~ e non al piace• re. Notate che, dopo l'analisi del de– siderio, come era stata fatta da Epi• curo, l'ubbidienza al piacere, anch'essa non è altra cosa che sollomissione al la ragione. J n fondo, lo stoicismo e lo epicureismo differiscono pili nelle pa– role che nei fatti. E' quanto intendeva Seneca allorchC diceva che Epicuro era un eroe ,c!-.lito da donna. Gli Stoici ritengono che prima di tul· 10 si debba ubbidir- alla ragione. Sta bene. Ma è d'uopo riconoscere che, co. me la ricerca ciel piacere diretto e un certo epicureismo mal compreso in ma. nicra ristretta non ci lascer~bbero a). cuna libertà, ugualrnenle lo stoicismo, compreso nella stessa maniera, non ci lascerebbe nè una grande libertà, nè un grande inclividuali\mO. Certamente i grandi Stoici, come Zenone, Cleante, Epitteto, non lo compresero mai in un senso così ri~trctto. Essi, per quanto mettessero l'accento sull'ubbidienza al. la rasdone, non dimenticarono mai di esser; degli cs~cri completi, vale a di• re degli uomini. Essi pensa.vano che, quando la ragione, che dev'essere la regolatrice del llltlO, non vi si oppone, allora si può ubbidire anche ai nostri istinti e al nostro sentimento. Che cosa comanda la ragione, secon. do gli Stoici? ES!-.acomanda di esse– re armoniosi, di seguire la natura. Ma la natura umana è cosa complessa, e la ragione stesc;a ci suggerisce di non sopprimere le nostre ricchezze. Gli Stoici dicevano: l'uomo è natu· ralmenle amico dell'uomo. Che cos'è questa maniera di comprendere la na• tura, se noCl l'nhhidicnza al sentimen• to?

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