Volontà - anno XVIII - n.7 - luglio 1965
giore motivo di apprcnsion.: nel primo c1nzicchè nel secondo. li coltello è sol– tanto occasionalmente og.gctlo di terrore, mentre, di fronte all'assassino, non saremo mai sufficientemente ,;icuri. Allo stesso modo, nei consideriamo con me– no soddisfazione, come luogo di pas~aggio, il centro di una via di una strada molto battuta, di quanto non consideriamo i marciapiedi della stessa strada; e così il bordo del tetto di una casa, come meno .:1dcguato ancora a questo sco– po. Inoltre, indipend::ntemente dalla idea di libertà, gli uomini trovano sempre, in un essere molto depravato, sufficienti motivi di repulsione e di antipatia. Col complesso di questa idea, non sorprende che si trovino permanentemente dispo– sti a prorompere in espressioni di odio molto smoderate. Questi sentimenti sfociano evidentemente nei giudizi che attualmente pre– valgono circa la punizio11e. La dottrina della necessità ci insegna a classificare la punizione tra la serie di mezzi che possediamo per correggere l'errore. Quanto più chiaramente viene dimostrato che lo spirito umano si trova sotto l'influen– za di certe cause, tanta maggiore sicure1.za si avrà che la punizione produca grandi e sicuri effetti. Però la dottrina della nccc.ssità c'impone a guardare la punizione senz:1 alcuna compiacenza cd a preferire, in tutte le circostanze, il mezzo più diretto per fermare l'errore consistente appunto nello sviluppo della \'erità. Q:..iando, concordemente. con questo dottrina, sia necessario impiegare il castigo, ciò non avverrft con riferimento alle inl rinsechc qualità che quel mezzo possiede, bensì nella misu:a in cui es,;;o può servire al benessere generale. Al contrario, comunemente si cr('dc che - a pa,·te l'utilità della punizione - sia conveniente far soffrire il criminale, giacchè esisterebbe una certa qualità nella natura delle cose che fa della solferenza un::i.conseguenza specifica del vi– zio; così come viene affermato frequentemente che non basta confinare un as– sassino in un'isola deserta (in cui le sue malvagie inclinazioni non costituireb– bero un pericolo per nessuno), Oensì che è neceSsRrio ch"e la pubblica vendetta venga soddisfatta mediante l'applicazione <li una concreta (orma di dolore o di ignominia nei confronti del colpevole. Tnwcc, con la dottrina della necessità, non c'è poslo per idee come colpa, delitto, espiazione e ricompensa. In corrispondenza ai sentimenti di odio, di indignazione e di sdegno, con i:iguardo ~dle colpe altrui, esistono i sentimenti della contrizione, del pentimento e dolore per le nostre colpe. Dal momento che ammettiamo una distinzione so– stanziale tra vinù e vizio è indubbio che ogni condotta equivoca, nostra o al– trui, meriti disapprovazione. Ma nell'uno o nell'altro caso, per la dourina della necessità, s:iranno considerate come altrettanti maglie della grande catena di fatti che non poterono accndere in modo diverso. Di conseguenza, noi ci senti– remo più disposti a pentire: delle nostre mancanze quanto delle mancanze degli altri. Sarà giusto guardarle come azioni pregiudizievoli per il bene pubblico ed evitare. pert3nto di ripeterle. S1ante il nostro ;:1ttualc stato di imperfezione, sarà forse utile ricord~re qu.3.li sono gli errori che più facilmente ci seducono, ma a misura che !a noslra visione si allargherà, troveremo motivi sufficienti per la pratica della virtù scnz::i necessità di alcuna parzi,de retrospezione nè di ri– cordare le nostre propensioni ed i noslri coslumi. 425
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