Volontà - anno XVIII - n.7 - luglio 1965

volontà; pe1· meglio dire, se fossero conscguemi con la loro dottrina dovrebbero riconosce1·c che essa non polrebbe avere risultato alcuno in questo caso. Il «necessarist;:1», al contr:.1rio, impiega anLcccdenLi real; cd ha diritto ad a– spettarsi .-isultaLi reali. Esporrà però degli :.1rgomenti, non farà delle esortazio– ni giacchè esortazione è un termine senza senso. Offrirà moventi allo spirito, m:.1non pretenderà ubbidienza od essi, come se avesse il potere di farlo o di non farlo. La sua funzione consisterà: a) nella p1·csentazione di cause dirette verso un certo fine; b) nella spiegazione della via pit, facile e diretta per rag– giungere quel fine. Non c'è miglior modo per apprezzare sino a qual punto possiede fondamen– to reale ogni idea connessa con l'ipoteosi della iibertà di' quello che traduce le espressioni, impicg~1te usualmente da essa, nel linguaggio della necessità. Si suppong:.1 che l'idea dell'esortazione, così tr:.1dotta 1 venga espressa nel seguente modo: «Allo scopo di ottenere che gli argomenti che vi espongo causino una grata impressione sul vostro spirito, \! necessario che 1-iano da esso favorevol– mente accellati; conseguentemente, cerco di dimoslrarvi l'importanza dell'at– lenzione sapendo che s·e potrò farlo in modo efficiente, la vostra attenzione inevitabilmente mi seguid:i». Sarebbe, tuttavia, mollo mcgl'io che esponessimo direttamente la verità che vogliamo comunicare, invece di ricorrere a delle tor– luosità per attrarre l'attenzione, come se questa fosse una facoltà indipendente. Jn realtà, l'attenzione sarà proporzion:.11a alla comprensione dell'importanza del– l'oggetto di cui si trntta. Potrà sembrare, a prima vista, che dal momento in cui ammettiamo che il nostro sforzo personale è una mera fìnziQne e che siamo strumenti passivi di cause esterne, perverremo a sentirci indiffe,·enti verso gli oggclli che finora ci interessano più profondamente, abbandonando pertanto quella inflessibile per– severanza che è inseparabile dalle grandi imprese. In questo caso, però, la ve– rità non è tale. Omrnto più ci sottomettiamo all'influenza della verità, tanLo più chiara sarà la nostra percezione di essa. Quanto meno siamo turbati da pro– blerni come la libertà e il capriccio, l'indolenza o l'attenzione, Lanto più unifor– me sarà la nosl ra costanza. Nulla è pili irrazionale quanto il credere che il rico– noscimento della necessità ci imponga uno spirito neutr.ile cd indifferente. Quan– to più sicurn sia la relazione tra cause ed effetti, tanto maggiore gioia trovere– mo nell'accettare compiti molto duri e penosi. E' risaputo che gli uqmini influenzati dall'idea del libero arbitrio sentono collera: sdegno e risentimenLo nei confronti di coloro che si sono resi schiavi del vizio. Sino a che punto sono giusti o ingiusti simili sentimenti? Nella clot– Lrina della necessità. esiste egualmente la differenza tra virtù e vizio e, conse– guentemente, il vizio è oggetto di disprezzo e la virtù oggetto di stima: dobbia– mo approvare l'uno e respinge-re 1':.1ltro.Però la nostra disapprovazione del vizio .;;arà della stessa nalura della nostra disapprovazione verso una malattia con– tagiosa. Un.i delle ragioni per cui siamo abituati a guardare l'assassino con un mag– giore e pii:1profondo disappunto di quanto non guardiamo il coltello che esso impiega, consiste nel fatto che troviamo una capacità più pericolosa e un mag- 424

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