Volontà - anno XVIII - n.7 - luglio 1965

per citare due illustri e significativi e.,;;empi - sono scaturite da una vita pra– tica, degli stessi autori. alquanto gr·igia, molto più vissuta col proprio io che con gli eventi esterni e guictata eia un carattere tr,:rnquillo, spesso rassegnato; cioè da uno sfondo pratico che contras1ava molto con la posscnle rivoluzione del loro pensiero. Viceversa quei •superuomini• che vollero ,;;pcrimentare la loro «unicità• nel vivo d::lla storia, senza 11n':i.degu:-itaprolondità di pensiero e di ragionevolcna, spes,;;o mmfrag.irono misf'ramente, quando addirittura nbn man– darono in rovina intere n;izioni. E questo naturalmente non per giudicare del tutto inutile il pensiern libi:.ro e ardito - quando lo vediamo espresso cs1crior– mcntc da una personalità e da una condottn individuale poco rilevanti o del tutto comuni - ma per far comprencterc quanto grande sia, in realtà, lo sforzo per integ:rnrc le parti migliori della natura umana. Se la maggioranza degli individui non ha ancora accu<;alo l'urto delle nostre idee, dipende dal fatto che un'errata concezione del mondo può deviare la psiche dell'umanità per interi millenni. Solo in su!)crficie spesso crediamo di esserci emancipati da tante storture: nelle zone f!nigmatiche dell'inconscio siamo invece ancora prigionieri. Ed è per questo che. in un certo senso, possiamo dire che l'ana,·chìsmo dipende pure da un p:-irticolarc •stato ct':inimo•. Quando consta– tiamo, alquanto sorpresi e r:11trh,tati, che ,certe verità, per quanto chiarissime e probanti, vengono nondimeno respinte, talvolta possiamo benissimo pensare che si tratti di un rifiuto intcre,;;sa!o, cioè di una implicita e più o meno co– scicnlc difesa dei propri egoismi; ma quando tale rifiuto è operato da chi avrcb_ be invece tulio da guadagnare, pili che in una cocciuta cOII)cvolezza, dobbiamo cercan: le Glut:.e in una lunga distesa di secoli, in una deleteria eredità psichica che centinaia di generazioni non sono ancora riuscite a «decantare» del tulto. L'anarchbmo imr,lica una volontà <li «rlmetlere tutto in causa»; ma è pro– prio qui lo scoglio che c'impedisce di navigare con un certo successo nei mari infidi della :.toria. Il «rimettere tulto in causa• comporta uno sfor.w psichico molto penoso, mentre è molto più facile convincersi che la sola economia è il fulcro as~oluto clcll'intera .::ivilt~. E, di fallo, l'economia ~ una base assolula– menlc necessaria; ma. privala di una parallela rivoluzione mentale, finisce col rendere schiava un'intera civiltà: questa potrà anche non soffrire la fome, ma dipenderà ~empre dalla volontà dei «dirigenti• dell't.-conomia mondiale. Le idee «comuniste• (glacchè, a quanto ;,are. cc ne sono cli diverse specie) hanno un successo maggiore 11crcluc ragioni che in buona parte affondano più negli istinti che nrlla parte inter_nmente co,;;cicntc Jcgli individui: allettano la volontà e l'ambizione di chi è istintivamente a1tra1to dal fascino del potc1·e, e, nello stesso tempo, infondono una «razibnaJe,. speranza nelle masse; cioè una speranza che si ancora <;ullc immediate e concrete possibilità materiali della storia in ano. Non per nulla anche h stessa religione ha pensato bene - o, per meglio dire, è stata costretta - a trasform.trsi in doltrina «economica», altri– menti avrebbe finito col vedersi abbandonata del tutto dalle masse lavoratrici. Oggi non è piì.1 possibile acconlentare chi suda sul lavoro con la semplice e sola speranza di un fu1uro paradiso. Perciò l'economia o deve presenlan,i come 403

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