Volontà - anno XVII - n.11 - novembre 1964
mundum ire quomodo vadit ». « Dire sempre bene del priore e delle altre po– tenze; fare il proprio lavoro non importa come; e soprattutto lasciare che il mondo vada come va ». Ora, i grandi umoristi, coloro ai quali io voglio bene, hanno invece sempre detto male del priore, e non krnno mai voluto che il mondo seguitasse ad an– dare come andava. Hanno sempre veduto che il mondo andava come un povero imbecille; che era ubriaco fradicio di stupidit~. cd hanno riso di lui: davanti a lui. E' per questo che il mondo li ha sempre perseguitati; e se anche non li ha sempre perseguitati in una maniera diretta, con la cicuta, li ha perseguitati in una maniera più indirelta e più bugiarda: col boicottaggio, con le privazioni e con la farne. Claudio Tillier ha scrillo un certo numero di opere, delle quali non con– siglio la lettura che ai curiosi. Ha scritto dei versi, di cui non consiglio la !et-· tura nemmeno ai cunosi. Ha scrilto un Viaggio in Spagna dove vi sono promes– se che possono interess<ffc la critica; ma di cui non consiglio lo stesso la sua lettura, poichè le promesse sono state brillantemente mantenute più tardi. Ha poi scritto numerosi articoli, che dopo la sua morte, furono riuniti in volume. Ha scritto dei libelli, di cui ugualmente non consiglio la lettura che ai curiosi: libelli che per quanto siano pieni di spirito e di brio, non hanno interesse che per coloro che possono riportarsi nell'atmosfera dell'epoca di Lui• gi-Filippo. Le idee generali che ivi sono esposte nascoste sotto il pretesto di fatti e di circostanze momentanee, o attaccate dietro a nomi di persone, le ha trasportate più tardi molto ingegnosamente in Mio zio Zeniamino o in Bella Pianta e Cornelio. Per cui, consiglio a tutti, di leggere principalmente le due opere dianzi citate. In questi due lihri si trova tutta la sensibilità di Claudio Tillier, tutta la sua arte e tutta la sua forza. La sua arte è molto grande, molto fine e molto semplice. Nutriva un'ammirazione particolare per Chàteaubriand, che ha chia– mato da qualche parte « il piì.1grande dei poeti». Ma sono convinto che il Til– lier, che non era mai stato capace di scrivere dei versi e che lo sapeva, desse questo titolo a Chàteaubriand un pò pcrchè qt1cst'ultimo non aveva prodotto, a fianco della sua meravigliosa prosa, che dei versi molto mediocri. Anche lui era poeta nella sua pros:l. La sua prosa è d'una bellezza viva, zampillante, sobria e ricca. E' un paesaggista inc~rntevole. Spesso è un uomo commosso: uomo d'una commozione infinitJmente contagiosa, che ben sa na– sconderla. Ma soprattutto è un uomo che ride: un uomo che pensa. Non credo il suo pensiero profondamente originale, nè straordinario. Clau– dio Tillier non è uno Spinoza E' un pensatore nella misura che ogni uomo, che ogni scrittore, soprattutto, dovrebbe essere. Avanti che la parola individualismo fosse impiegata, egli è già un precursore dell'individualismo moderno. Ha scritto in qualche parte: « Il padrone l'ha detto, è la piì.1 stupida pa– rola che possa sortire dalla boCC,\ d'un uomo». Davanli ad ogni problema cerca di pensue da se stesso. Allorquando il problema veramente lo interessa, in effetti. pensa. E come tutti coloro che riuscirono a pensare e che si espressero arditamente, resta ancora efficace ed 628
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