Volontà - anno XVII - n.11 - novembre 1964
tro la forza. E poichè nutro un'ammirnzionc profonda prr gli uomini che cono– scono queste due specie di riso, così provo un profondo disgusto davanti al riso che è buffoneria e mercantilismo, come davanti al riso che cerca di colpire i deboli, che non è altro che vigliaccheria e cn1deltà. Claudio Tillier nacque nel 1801, a Commercy. Figlio d'un povero fabbro, conobbe un'infanzia relativ:.1mcnte felice. Felicità rclativ:1 che, d'altronde, doveva contribuire in parte alle disgrazie fuLUrc della sua burrascosa vita. L'intelligenza e la grazia di fanciullo che pensava liberamente e che libcr:lmente cd arditamente parlava, non passarono inosservate. La città di Clamecy gli concesse una horsa che gli permise di fare degli studi secondari nel -::ollegio di Bourges. Ma se questa intelligenza e questa libcrlà cti pensierc e cti parola dimostravano che il piccolo Claudio non era privo d'una certa grnzia, dimostravano allresì che non mancava d'indipendenza e nemmeno d'una certa dose d'impertinenza. Lo si tol– lerò fino a quando fu ragazzo. Ma, allorchè arrivò all'età che le parole contano e che hanno il loro peso, la cosa prese subito una piega differente. Chi t: povero, purtroppo, come sappiamo, non ha il diritto di esprimersi. Chi è povero ed intende parlare liberamcnlt:: è. fatalmente, mira di odio e di disprezzo. Allorquando il piccolo Claudio non fu più il piccolo Claudio, allorquando a diciotto o diciannove anni, divenuto il signor Tillier, baccelliere - biSOgnò guadagnarsi da vivere, fece pi·esto ad accorgersi che se il povero non vuol es– sere condannato a vivere nella più profonda miseria, con delle crisi terribilmente nere, è obbligato a nascondere completamente il proprio pensiero. Comprese questo e fece presto a scegliere. Era un uomo che aveva bisogno di pensare, di esprimere i propri per.sieri, di <liscuterc i propri pensieri: era l'essere sensibile che aveva bisogno di manifestare i propri sentimenti. Non indietreggiò nè da– vanti alla persecuzione; e intimamente si disse che :lvrebbe:- saputo resistere a tutto. Forse fu un pò presuntuoso quando affermò di essere «di quel legno duro e nodoso di cui son fatti i poveri...». Resistette fino a quarantalrè anni. Claudio Tillier cominciò come istitutore nel collegio di Soissons. Ma, oua– si Sl1bito, la sua indipendenza di spirito gli creò delle storie col Direllore -del collegio. D'altra parte si sentiva attirato da Parigi, come tutti i giovani che com– prendono di aver qualche cosa da dire. E venne a Parigi. Cercò un posto. Epoca di miseria mai dimenticata, ma della quale sempre parla con quel misto di gaiezza e di malinconia che è proprio del suo carattere. Ricorda. quest'epoca, quando « col suo mazzetto di retorica a fianco, tale un domestico il dì di San Giovanni, va ad offrire i suoi servizi ai rivenditori di greco e di latino». Finì per trovare un posto in un'ìstituto libero di corsi accelerati. Un misero posto, rimunerato molto mediocremente; uno di quei posti che nell'insegnamento son chbmati posti « alla pari» non riceveva stipendio, ma, in compenso, si faceva finta di nutrirlo e di alloggiarlo. Alloggiato? Sì! Alloggia10 rra alloggiato. Jn una cattedra, in fondo allo studio, durante le ore di lavoro: nel dormitorio, in un lello sopra predella, du– rante la notte. Nutrito? M'immagino come doveva esserlo da questo dellaglio significativo: la sua famiglia (facendo, con commiserazione e disprez– zo, quello che fanno tutte le famiglie dei lcworatori manuali verso l'intel- 624
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