Volontà - anno XVII - n.8-9 - agosto-settembre 1964
al giudizio personale (3). Negli uni come negli altri casi vige il principio di giustizia che ci spinge all'esercizio della nostra libera decisione. Nessun indi– viduo può raggiungere un qualche livello di perfezione morale od intellettuale se non possiede un giudizio indipendente. Nessuno Stato può es. sere bene amministrato se non dà costantcmenle importanza all'esercizio della deliberazione comune in tutte le misure d'interesse generale che sia necessario adottare. Tuttavia, anche se l'esercizio generale di queste facoltà trova il suo fondamento nella giustizia immanente, ciò non significa che la giustizia riven– dica tutte le applicazioni particolari di esse. 11 giudizio privato e la delibera– zione pubblica, di per sè, non costituiscono delle misure del giusto e dcll'in.. giusto, ma sono soltanto dei mezzi per scoprire il bene ed il male, paragonando determinate e concrete proposizioni con i postulati essenziali della verità eterna. E' stata encomiata moltissimo l'idea di una grande nazione la quale offra il magnifico spettacolo di decidere sul proprio destino, d'accordo con i più noti princìpi pubblici e dell'alta magistratura, proclamando le decisioni del popolo, dopo che questo ha fatto sentire la sua voce. Bisogna tuttavia ricordare che il valore di quelle decisioni dipende dalla loro intrinseca qualità; infatti la verità non è più vera in rngione del numero dei suoi sostenitori e non è dav– vero meno sublime lo spettacolo di un solo uomo che rende la sua inflessibile testimonianza in favore della giustizia in contrasto con milioni di conciuadini traviati. Tuttavia, entrc certi limiti, dobbiamo riconoscere la grandezza di quella dimostrazione collettiva. TI fatto che una nazione osi rivendicare le sue funzioni deliberative costituisce un importante passo in avanti, il quale neces– sariamente avrà delle ripercussioni ~ul perfezionamento dei singoli. li fatto che gli uomini si uniscano per affermare e sostenere la verità costituisce una piacevole dimostrazione della loro buona predisposizione. Infine, quando un singolo, per grande che sia il suo titolo convenzionale, si vede costretto a ce– dere sui suoi pnincìpi personali di fronte al sentimento della collettività, ab– biamo almeno l'apparenza del grande principio, secondo il quale ogni conside– razione personale deve cedere di fronte al bene comune. CAP. QUINTO - LA LEGISLAZIONE Dopo aver estesamente esaminato la natura delle funzioni politiche, sarà necessario fare alcune considerazioni Sul problema della legislazione. Chi possiede l'autorità per fare le leggi? Quali sono le condizioni de1ermi– nanti perchè un uomo od un consesso vengano investiti della facoltà di legife– rare per gli altri? La risposta a questi interrogativi t.: semplice: la legislazione, così come ge– neralmente s'intende, non è di competenza dell'uomo. La ragione è il solo legi– slatore e i suoi decreti sono irrevocabili ed assoluti. Le funzioni sociali si riducono all'interpretazione, non alla creazione, della (3) Cfr. Libro 11, Cap. VI in qucs1a ri\'ìsta (N. 5 e 6), pag. 301-305 e 367-370 512
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