Volontà - anno XVII - n.8-9 - agosto-settembre 1964

ra1jone relaLiva nasce come il modo più consono per decidere la questione. Bisogna prestare-obbedienza ad una regola preventivamente adottata? Tn que– sto caso non ho nulla a che vedere con la considerazione del come sia nata quella regola, salvo nel caso in cui il principio di deliberazione comune sia stato adotLato come norma permanente e la questione prospettata consista nell'op– porsi ad ogni alterazione di quel principio. Nel caso dell'imposta marittima applicata SOito il regno di Carlo I, fu senza meno giusta la resistenza organiz. zata contro quella tassazione, giacchè, anche ammesso che essa fosse in se stessa giusta, non era stata sanzionata dal potere che aveva facoltà di farlo, sebbene questa ragione possa apparire insufficiente per quei paesi dove non vige il principio dell'imposta rappresentativa. Ma, a parte le cennatc considerazioni, non ci si deve opporre ad alcun provvedimento per gli inconvenienti che possano derivare da esso. Se il prov– vedimento è giusto, esso merita la nostra osservanza fedele ed il nostro incon– dizionato appoggio; se, invece, è ingiusto abbiamo il dove1·e di contrastarlo. La mia posizione, in questo senso, non è in alcun modo diversa da quella ante– riormente descritta nel caso di un qualsiasi governo organizzato. In questo, così come nel caso precedente, la giustizia resta sempre meritevole della mia incondizionata accettazione, mentre l'ingiustizia deve meritare la mia asso– luta disapprovazione. La giusLizia e l'ingiustzia non avranno su di me giam– mai eguale autorità fintanto che le qualità che distinguono l'una e l'altra re– stano inalterate. La misura della mia opposizione deve variare a seconda delle circostanze, in quanto ogni caso deve essere oggetto di una considerazione particolare. La differenza tra la teoria sjn qui sostenuta e quella del contratto sociale sarà meglio compresa se si tiene presente quanto è stato detto circa la natura e la validità degli impegni. Se l'impegno costituisce sempre un mezzo incerto per obbligare il singolo ad un certo modo d'agire, sarà certamente specioso l'argomento il quale mi obblighi a regolare le mie azioni d'accordo con una certa decisione, per il solo fatto di averla opportunamente accettata. E' impos~ sibile immaginare un principio che comporti più funeste conseguenze di quello che c'insegna a ripudiare la nostra futura saggezza in nome della sconsidera– tczia del passato e che diriga le nostre azioni per mezzo degli errori ai quali siamo stati indotti dalla nostra ignoranza, invece di consultare, liberi da ogni e qualsiasi pregiudizio, il codice della verità eterna. Fintanto che il consenso an1icipato sarà una norma accettata, la giustizia astratta diventerà materia indifferente. Se invece sono convinto che la giustizia debba odentarc la mia condotta, sarà vano pretendere che le convenzioni ed i patti partecipino del– l'autorità della giustizia. Abbiamo rilevato come il parallelismo tra le funzioni del giudizio personale e quelle della deliberazione collettiva sia, in un certo senso, incompleto. Sotto altri aspetti, invece, esiste tra di esse una sorprendente analogia. Cercheremo d'illustrare questa analogia, richiamandoci agli esernpì già fatti relativamente 511

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