Volontà - anno XVII - n.8-9 - agosto-settembre 1964

dd suo giudizio personale, non può in alcun modo lasciare ad altri questa funzione. A queste obiezioni può, innan1.itu110, rispondersi che non e~iste in effeui una piena coi-rispondenza tra l'c~crcizio del giudizio individuale, in una fatti– specie che concretamente interessa la persona, e l'applicazione del medesimo principio alle questioni che si riferiscono ai prnblemi di un governo, del quale si sia ammessa la coesistenza. Ovunque esista un governo, deve esserci una vo– lontà superiore a queila dei singoli. E' assurdo supporre che tutti i membri di una società concordino sui molteplici mezzi che è necessario adotlarc nella cura dei comuni interessi. La stessa necessità che giustifica l'impiego della forza per reprimere le ingiustizie che commettono taluni individui, richiede che il parere della maggioranza consigli questa forza, restando alla minoranza o la possibilità di allontanarsi dalla comunità oppure la spcran.ta paziente che i suoi punti di visla maturino e siano ammessi dalla maggioranza dei cittadini. In ~econdo luogo, la «delega• non è - come potrebbe credersi a prima vista - un atto mediante il quale una persona incar-ica un'altra persona del compimen10 di una funzione, cedendole contemporaneamente ogni sua respon– sabilità al riguardo. La delega, al contrario, in quanto si concilia con la giusti. zia, ha come scopo il bene generale. Cli individui, ai quali viene affidato l'inca• rico, sono i più indicati, per le loro qualità e per il tempo elci quale dispon. gono, a compiere la funzione loro .iffidata; ciò perchè l'interesse generale ri. chiede che tale funzione sia espletata da una sola o da più persone, anzichè da tutti i cittadini. Ciò avviene nei casi normali di delega, come la prerogativa delle maggioranze, la elezione di una Camera di rappresentanti o la nomina di pubblici funzionari. Ogni disputa circa colui che realizzerà un certo compito appare futile, dal momento che è stato preventivamente e chiaramente stabili• lO che qucsfultimo sarà meglio curato sotto la direzione di un estraneo. Considerando sono un altro aspetto la questione, è errato ritenere che il diritto di punirmi, quando la mia condoua è pregiudizievole agli altri, sorga da una delega da pane mia. La giustizia nell'impiego della forza, quando tulli i mezzi di convinzione dsultano insufficienti, è antcrio,·e all'esistenza della so– cietà, benchè si debba ricorrere alla forza soltanto in caso di assoluta necessi– tà. E quando questi casi si verificano, è dovere di ogni uomo difendersi contro una viol.izione della giustizia. Non è necessaria, pertanto, una delega da parte del 1ra~gressore, giacchè la colle11ivi1à, nella sua funzione di censura sui sin. goli, si trova ad essere la parie lesa. Probabilmente alcuni penseranno che quanto è stato dello circa la risolu• zionc dei problemi comuni per mezzo di deliberazioni collettive, assomigli mol• tissimo alla dottrina del contratto sociale, in relazione al giusto fondamento del governo. Consideriamo, adunque, le concrete differenze che esistono tra le due teorie. In primo luogo, la teoria della deliberazione è di natura prospettica e non già retrospettiva come è quella del contratto sociale. C'è da adottare qualche provvedimento relativo al futuro della collettività? La necessità della delibe-- 510

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