Volontà - anno XVII - n.7 - luglio 1964

l'Università di Roma che parla) la Sicilia ha, di tutte le regioni italiane, i più gravi. casi tli avitaminosi scorb11tica. Ia crisi non è dunque dovuta solo a cause di tecnica agricola. Il già citato sena– tore Cuzari scrive m1cora: « Esiste una innegabile arretratezza di impostazione delle colture, quasi mai ag– sriornata razionalmente ai costi crescenti di mano d'opera; una mancanza di organiz– razic-nc di vendita; manca un razionale accordo tra produzione e commercio e tra produzione e industria. Ed in ciò i più danneggiati son sempre quei piccoli proprie– tari, quei coltivatori diretti che in un.i maggiore coscienza consortile troverebbero la forza per superare il divario che Ii divide dalle più vaste proprietà terriere per - essere in grado di affrontare il problema del mercato superando, possibilmente, la fase intermedia di una vasta rete di commercianti e rappresentanti ancor oggi alla caccia dell' "affare" e non di un rapporto onesto e permanente di collaborazione eco. nomica fnittuosa » (« Tribuna Agricola» - numero 6 del 1962). Le zone agrumicole siciliane coprono un totale di 50.()()() ettari (pari al 3% della superficie dell'isola) e vanno dal Palermitano al Milazzese, alla costa ionica tra Mes– sina e Catania ed alle oasi di Paternò (Catania) e Lentini (Siracusa). 170.000persone, cioé 1111 quinto della popolazione agricola siciliana, trovano nella agrumicoltura un lavoro permanen'te, oltre a quello, straordinario, delle raccolte; basta questo a dare un'idea dell'importanza di questa fonte di occupazione per una regione dove la disoccHpazione (e l'emigrazione) sono endemiche. Ora, chi dice agrumicoltura dice irrigazione e clii dice irrigazione dice - special– mente nella Conca d'Oro palermitana, cioè in almeno w-i quinto della superficie agru. micola totale - mafia. Il fatto elle l'acqua con la quale si irrigano gli agrumeti del Palermitano proveng11 da pozzi e sorgenti, dal hacino di accumulazione di Piana degli Albanesi e dagli stessi fiumi Oreto e Ele11tero, non rappresenta un ostacolo, anzi, per le ramificazioni capU/are mafiose. Già nel 1911 il Lorem,oni, autore del noto rapporto sull'lncltiesta agraria par– lamentare, scriveva che « nella Conca d'Oro l'odore degli aranci in fiore dissimula appena quello della poh-crc da sparo "· E' quello e/te ricorda anche la Roc11efort nel suo libro « Le travail en Sicile • (Parigi, 1961 ), aggiungendo: « Gli alti muri dei frutteti, che stringono dei sentieri tortuosi, sono propizi come le siepi di cactus alle imboscate. Certo, i guardiani dell'acqua, scelti dalla mafia, erano dei personaggi capaci di farsi rispettare. Ma appunto, essi facevano un po' il loro comodo attribuendosi il diritto, per esempio, di dare l'acqua a mezzo tubo invece che a tuta pieno. TI proprietado che non era abbastanza docile rischiava quasi certamente, a titolo di avviso, di aspettare. in piena canicola, l'acqua promessa oppu– re di vedersi obbligato a delle ore di in;gazione notturne, sempre sgradevoli e tal– volta pericolose, oppure anche di trovare un mattino i suoi alberi tagliuzzati. Dei fatti del genere non sono del tulio scomparsi. Nel 1946come nel 1950, pit'1 di un colti– vatore dovette assistere, impotente, alla lenta morte estiva di aranceti ai quali si rifiutava la vita. Oggi ancora. la lupara interviene sempre, a Bagheria, Misilmeri, Vil– labate. Carini, per regolare delle vendette d'acqua la di cui origine risale a qualche giorno o a diverse generazioni. Più di una volta al mese dei fatti del genere soddi- 402

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