Volontà - anno XVII - n.6 - giugno 1964
l'hanno giudicato. ln realtà esistono pro• ve che Galileo peccò d'ingenuità e, J'al– tra parte, prove che egli seppe agire con destrezza e astuzia. Tale condotta, dopo tutto, è ancora la commedia psicologica e pratica che spesso serve nel nostro tem– po e, figuriamoci, se non Io poteva es• sere nei secoli scorsi. Ed a proposito ci– tiamo ancora un passo del libro E. T. Beli, circa un ritratto ch'egli fa del gran• dc scienziato pisano: • Pur prendendo sul serio le cose serie, Galileo non professa– va il fanatismo di Bruno per le idee elle co11siderava giuste e vere. Aveva però una naturale propensione al saroosmo e alla satira, che faceva di lui w, avversario molto pit't pericoloso di qualsiasi aspiran• te al martirio. 1 logici che si arrischiava– no a sfidarlo, finivano sempre col pentir. si di essere scesi s11l terreno contro d, l11i. Più cl1e odiare gli aristotelici, Gali– leo li disprezzava, e i suoi attacchi mor– daci colpivan'o più profondamente di q11an· to potessero le randellate elle Bruno as– sestrwa con tanta serietd. Di più, esa– sperava gli av11ersari proclamandosi se– guace fedele e pio della religione. Bencl1è nessuno abbia mai messo in discussione la sinceritd delle sue proteste di fede, non può esservi dubbio clre l'ortodossia di Galileo gli serviva arld1e come prote– zione mimetica, sia clre questa gli fosse stata concessa dalla natura, sia clte egli stesso t'm,esse escogitata •. accolto con gioia sincern dal Ciàrnpoli, al quale sollecitò sùbito un'udienza pres<;o il pontefice. Di fronte al successo che ebbe il e Saggiatore •, Galileo pensò che quello era il momento opportuno per puntare su una più ampia divulgazione delle idee copernicane, ollre che sulle scoperte che egli aveva ormai accumu lato in tanti anni di studio e di osscrv~i– zioni. Conoscendo però la forza dei suoi avversari, soprattutto quella dell'Ordine dei Domenicani, aristolelici irriducibili (tra i Gesuill trovò invece qualche com• prensione, però nc~sun aiuto concreto), Galileo intendeva assicurarsi se la piu alta autorità, cioè lo stesso pontefice, po• tcva ritenerlo sempre uno dei suoi più va. lidi sostenitori. Introdotto dal fratello maggiore del papa, Carlo Barbcrini, ru trattenuto in udienza per oltre un'ora. Così pure il giorno dopo, e, in presenza del nipote Francesco Barberini, Galileo trovò una benevola accoglienza. 11 suo sguardo non era solo abituato a scrutare il clielo, ma sape\•a pure scrutare ncll'n• nimo degli uomini: non tardò a com– prendere • che Urbano VIII 11011 era più il cardinale Maffeo Barberini •· Nella con. ,,ersazionc si parlò di molte cose, anche degli argomenti pii1 spinosi; ma il papa fece comprendere, sia pure con una cer– ta cortesia, che non poteva dimenticare quello che costituiva • il supremo interes– se della Chiesa •· Tullavia sci anni dopo (com'è penosa la lentezza dei tempi e delle decisioni!) in un altro \•iaggio compiuto da Galileo, Galileo incominciò a persuadersi verso nel 1630, per sollecitare I'• ii11vrimatt1r,. la vecchiain che il suo compito di scicn• del suo libro più famoso - il Dialogo sui ziato non sarebbe stato tanto facile in Massimi Sistemi - il papa, in una lunga pieno dominio papale. Tn un suo viaggio udienza, gli aveva lasciato buone speran- a Roma, compiuto nel 1624, allo scopo di ze, circa la conclusione per il nulla osta. saggiare le intenzioni e lo stato d'animo Però, a queslo punto, i suoi nemici più del suo amico Maffeo Barberini, divenuto dichiarati sparsero la voce che Galileo, pontefice col nome di Urbano VITI. fu associato con degli astrologi, aveva pr:;, 337
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