Volontà - anno XVII - n.5 - maggio1964

tardi, conducono inevitabilmente verso mali peggiori. Diversi problemi si presentano con una doppia finalità e, quindi, con so– luzioni che possono benissimo diverge– re nella loro sostanzialità o nel loro carattere, anche se scaturiscono da una medesima fonte. Diamo un esempio del genere che, naturalmente, entra nella problematica delle iniziative libertarie. Intendiamo accennare al fattore reli– gione, che lo stesso comunismo, pur con la sua massiccia organizzazione, trova molto difficile combattere sul terreno pratico e psicologico ad un tempo; e che d'altro canto talvolta fa puntare su di noi il risolino ironico dei nostri avversari, in quanto ci fanno OS· servare che, come anarchici, spesso non riusciamo a convincere nemmeno un nostro amico (o addirittura un no– stro stesso familiare!) il quale, pur sti– mandoci, continua tuttavia, poco o mol to , a praticare la religione. La religione, sotto un aspetto storico– sociale, è stata ed è sicuramente un fattore di dominio, giacchè non esisto– no prove assolute di «natura divina» che giustificano un dominio di una da– ta gerarchia sulla psiche o sullo spiri– to della razza umana. Sappiamo che tutte le «prove» in merito sono tratte, per quanto si dica e per quanto si fac– cia, da un nebuloso groviglio di fatti e di leggende che non riusciranno mai a convincere del tutto, ncì senso che un qualsiasi mortale potrebbe convin– cersi affermando ad esempio che il chiarore del giorno è dovuto al sole. Però, sotto un aspetto puramente psi• cologico - cioè nel senso che la m~n– te umana tende irresistibilmente a chie– dersi il perchè della vita e delle cosc– ia religione non può essere considera– ta come una capziosa o banale men- zogna, bensì come un • errore d'inter– pretazione » che ha le sue origini nel più arcaico passato. Tutta la forza del– la rcJigione, in ultima analisi», è posta su tale errore; cioè sul fatto di consi– derare la morte come un mondo total– mente «opposto» a quello della vita. In altri termini, quando ci troviamo di fronte all'immobilità definitiva di un nostro simile, la nostra psiche è por– tata a credere (anche indipendente– mente da ogni senso religioso) che quell'essere, che non respira e non vi– ve, non appartenga più al nostro mon– do; mentre che in realtà la morte è parte integrante di un medesimo uni– versQ. La morte, nel suo aspetto più evidente, non è che uno stato conse– guenziale, per così dire, del naturale rinnovarsi della vita. Questa, per rin- 1,ovarsi, ha bisogno del suo cccomple– mento», della morte; come la luce non potrebbe essere definita tale se nell'u– niverso non esistesse anche l'oscurità. Non sarebbe dunque razionale af– frontare il credente ponendogli la con– dizione di cancellare radicalmente il suo senso religioso; anche per il fatto che non si può pensare ad un muta– mento immediato e generale del carat– tere e della mentalità delle moltitudi– ni. Se è vero che le cattedre di teolo– gia sono inutili, in un certo senso lo sono pure quelle di ateismo (le «uni– versità» di ateismo che la Russia sem– bra voler istituire) poichè, in fondo, non è possibile convincere veramente le menti per mezzo di altri princìpi di autorità. li vero compito del libero pen– siero è quello di convincere Tizio che la sua «casa» spirituale in realtà non conduce ad un vero cd affascinante colloquio coi misteri della vita, ma che invece può sempre rivelarsi una vera e propria prigione dello spirito, in 269

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