Volontà - anno XVII - n.4 - aprile 1964

te delucidazione: ogni persona ha una certa sfera d'azione eSclusiva, nella quale gli altri non debbono interferire. Tale privilegio sorge dalla stessa natura del– l'uomo. Innanzi tutto gli esseri umani non sono infallibili. Nessuno ragionevol– mente, può pretendere, che il suo giudizio personale sia il modello del giudizio degli altri. Non vi sono giudici infallibili nelle controversie umane. Ognuno, col suo proprio criterio, considera che le sue decisioni sono giuste. Non conosciamo un modo definitivo di soddisfare le pretese contrastanti degli uomini. Sè ognuno volesse imporre il suo criterio agli allri, si arriverebbe ad un conflitto di forze, non di ragione. Per di più, anche quando il nostro criterio fosse infallibile, non avremmo guadagnato nulla, a meno che non convincessimo di ciò i nostri simili. Se io fossi stato immunizzato contro l'errore e pretendessi imporre le mie infal– libili verità a chi mi circonda, il risuilato sarebbe un male maggiore, non un bene. L'uomo è degno di stima solo in quanto è indipendente. Ha il dovere di consultare innanzi tutto la propria coscienza e di conformare le sue azioni alle idee. che si è formato delle cose. Senza questa condizione, non sarà degno, nè attiYo, nè risoluto, nè generoso. Per queste ragioni è indispensabile che l'uomo conti sul proprio giudizio e sia responsabile di se stesso. Per questo ha bisogno della sua esclusiva sfera d'azione. Nessuno ha diritto ad invadere il mio ambito personale, così come io non ho il diritto di invadere quello altrui. li mio simile potrà consigliarmi mo– deratamente, senza pertinacia, però non deve pretendere di dettarmi delle nor– me. Può censurarmi liberamente, senza riserve, però deve ricordare che io agirò in base alle mie decisioni e non d'accordo con le sue. Potrà, nel giudizio, eserci– tare la più ampia franchezza, ma non potrà prescrivermi imperiosamente ciò che devo Fare. La forza non deve essere impiegata a questo proposito salvo casi eccezionali, veramente straordinari. Devo impiegare le mie capacità a beneficio dei miei simili, sempre che ciò sia frutto della mia convinzione e nessuno ha il diritto di obbligarmi ad agire in questo senso. Posso appropriarmi di una por– zione dei frutti della terra, che arrivano in mio possesso per una qualsiasi causa, e che non sono necessari per l'uso o per lo sfruttamento del resto degli uomini: su questo principio si fonda ciò che comunemente si chiama il diritto di pro– prietà. Così, dunque, quanto ottengo, senza violenza, nè danno verso terzi, o verso la società, costituisce la mia proprietà. Non ho però il diritto di disporre capricciosamente di questa proprietà. Ogni scellino di cui dispongo, è sottoposto al dettame della legge morale; però nessuno ha diritto, almeno nelle circostanze correnti, ad esigerlo con la forza. Appena le leggi morali saranno chiare ed uni• versalmente comprese, quando agli uomini risulterà evidente che esse coincidono con il benessere di ognuno, l'idea di proprietà, anche se essa sussisterà, non comporterà più, nell'uomo, il desiderio acuto di possedere più del suo simile col fine del! 'ostentazione e del lusso. WILLIAM GODWIN 227

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