Volontà - anno XVII - n.4 - aprile 1964

mcr~i al margine della veri1à. Significa solt::mto che vi sono delle attività nelle quali la socie1à non ha alcun diritto di intervenire, senza che per questo, sia lecito dedurre che, in rela7ione a tale attività, il capriccio discrezionale sia piu hbero, o che il do\'erc sia mcr.o limi1.t10 d1 qualsiasi altra azione umana (4). Ne:,suna proposizione è più assurda di quella che afferma il diritto di fare il male. Un errore di questa specie ha causato le più dannose conseguenze negli affari pubblici e politici. Non si ripeterà mai abbastanza che le società e le co– munità non hanno alcuna autorilà per decretare l'ingiustizia e per imporre l'as– surdo e che la voce del popolo non è, come si afferma ridicolmente, la voce cti Dio c. che il consenso universale non può convertire l'c1·rore in verità. :.:essere piu insignificante deve sentirsi libci-o di dissentire dalle decisioni della più illu– stre assemblea. Gli altri debbono :,entirsi obbligati, per giustizia, .id ascoltare le sue ragioni, tenendo como del gr.1<.Jo di precedenza delle stesse e non delle consi– derazioni marginali circa il rnngo o l'importanza sociale di chi le ~ostiene. Il Senato più venerabile o il pili illustre Foro non sono capaci di convertire una massima in regola di giustizia, se detta massima hon è essenzialmente giusta in sè indipendentemente da qualsiasi eventuale decisione. Solo possono interpretare ed annunciare tale legge che deriva la sua validità da una nuto,·ità più alla e meno mutevole. Se ci sottomettiamo a. decisioni della cui esattciza non siamo co1winti, sarà solamente per una questione di prudenza. Un uomo ragionevole dc1csterà tale obbligo, però cederà davanti alla necessità. Se una determinata adunanza risolve all'unanimi1à che i suoi membri si amputino la mano destra, o che spranghino le loro intelligenze ad ogni nuova idea, oppure che affermino che due più due fanno sedici, è evid(•ntc che, in tutti questi casi, è stato commes– so un profondo errore, e che meritano di essere censurai i coloro i quali incorserò in esso, usurpando un'autorità che a loro non appartiene. Sarebbe giusto dire: • Signori, a prescindere dallo stimolo del potere che prevale in voi, la vostra decisione non è onnipolentc; vi è una aulorità superiore alla vostra, ai cui det– tami siete obbligati a conformarvi. Nessuno anche se fosse solo al mondo, avreb– be il diritto a mutarsi in impotc-nte e miserabile». Questo per quanto si riferisce ai diritti attivi dell'uomo, diritti che, se gli argomenti anteriormente esposti sono validi, devono essere superati dalle supe– riori richieste della giustizia. Quanto ai diritti p.1ssivi, una volta liberato tale concetto dell'ambiguità risultante dall'inadeguato impiego del termine, proba– bilmente non daranno luogo a grandi divergenze. In primo luogo si dice che abbiamo diritto alla vita ed alla libertà personale. Ciò de\'C essere ammesso con una certa limitazione. L'uomo non ha diritto alla vita, se il suo do\'ere l'obbliga a rinunziare ad essa. Gli altri hanno l'obbligo, (sarebbe improprio dire • hanno il diritto» dopo il chiarimento fatto in precedenza) di privarlo della vita e della libertà, se si provasse che. ciò è indispensabile per prevenire un male maggiore. l diritti passivi dell'uomo saranno meglio compresi se si tiene conto della seguen· (4) A questo punto ha termine il c.ipilOlo. Ciò che segue è \IO secondo brano, aggiunto alla 1erza edizione dell'opera. 226

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