Volontà - anno XVII - n.1 - gennaio 1964

in mio potere. Fino a disfarsi dei mezzi nece~sari alla propria esistenza? No, perchè io stesso faccio parte della collettività. D'altra parte, raramente accadrà che la decisione di fare in favore di altri ciò che sta in mio potere di fare, non comporti - se vorrò attuare il proposito - la preservazione della mia ste~sa vita; o, in altre parole, accadrà raromente che io non possa fare più henc in venti anni che in uno solo. Se si verificherà il caso eccezionale in cui con la mia morte, possa, più che con la mia vita, far progredire 11bene generale. la gim,tizia vuole che accetti, contento, la morte. fn tutti gli altri casi è giusto che mantenga il mio corpo e la mia mente nel ma5simo vigore e m:llc mj– gliori condizioni di efficenza. Supporrò, come esempio, che sia giusto per un uomo possedere una quan– tità cli beni maggiori cli un'altra, siano essi frutto ddla sua diligenza oppure siano stati lasciati in eredità dagli avi. La giustizia impone a quest'uomo di tenere quei beni come un deposito e lo induce a considerare ponderatamente in qual modo potranno essere meglio impiegati per incrementare la libertà, il sapere e la virtù. Non ha il diritto di disporre dì un solo scellino per suo ca– priccio e non dov1·ebbc ricevere il plauso se ne ha impiegato soltanto una esigua parte per opere filantropiche, giacchè è manchevole agli occhi della giustizia per il solo fatto di aver trattenuto anche una piccola parte di questo depo– sito: e ciò mi pare incotrovcrlibilc. Poteva quella parte di beni essere meglio e più convenientemente impiegata? Che potesse csserl-1 è implicito ncl!a stessa p1·oposizione, ma quel che conta è che sia stata impiegata. Allo stesso modo dei beni, metto la mia persona a disposizione del genere umano; io sono obbligato ad impiegare il mio talento, il mio parere, la mia forza ed il mio tempo, per produrre la maggiore quan– tità di bene generale, giacchè, se t.1li sono le manifestazioni cldla giustizia, tanto grande è la portata del mio dovere. La giustizia è reciproca, però; e se è giusto per me sperare in un bene– ficio, è altrettanto giusto che un'al1ro uomo lo riceva, tanto che se gli si do– vcs-.c negare ciò a cui ha diritto, giustamente potrebbe lamentarsi, Se un mio simile ha bisogno di una somma, della quale io posso di:-.porrc, non esiste - C vero - alcuna norma di diritto pubblico che mi imponga di dargliela, però, secondo la pura giustiria, a meno che non possa dimostrarsi che quella somma può es~cre impiegata meglio, la sua pretesa è pcrlctta come se fosse in possesso di un mio impegno scrilto o mi avesse pr<'stato una somma pari (6). A ciò si è obbiettato chi!, quando esistono più persone che hanno bisogno del mio danaro, necessariamente debbo avere la libertà di impiegarlo come mi pare. Ed io rispondo: se è una sola persona quella che conosco, per me non esiste che quella soltanto. Gli altri, che non posso conoscere. debbono essere aiutati da altri uomini cricchi• (cd intendo per cricco• colui che pos– siede più mezzi di quanto non richiedano le sue giuste necessità) e non da (6) Un geniale e generale piano di quc~ti principi è abbon:ato nel «Sermone• di Sw1ft ~ulla •Sot1omhsione Muu,,.,. 57

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