Volontà - anno XVII - n.1 - gennaio 1964

così come esiste tra gli individui. La giustizia è una regola di condotta che trae origine dall'affinità Ira un essere dotato di percezione ed un altro (2). Una definizione comprensibile è quest'altra: «che dobbiamo amare il nostro prossi– mo come noi stessi», anche se questa massima, che ha meritato una considere– vole a11enzione coJ11e principio popolare, non è stata formulata col rigore che richiede l'esattezza filosofica. Da un punto cli vista generale io e il mio simile, essendo entrambi uomini, abbiamo diritto ad un eguale riguardo. P..:rò, nella realtà, è probabile che uno di noi ~ia un esseri! più meritevole e più imporrante clell'altro. Un uomo vale di più di un animale poichè, possedendo facoltà più elevate, è capace di godimenti più raffinati e più genuini. Pertanto, ::.e l'illw,tre arcivescovo di Cambrai «vale» di più della mi,1 domestica, poclù di noi tentennerebbero - se il suo edificio prendes~c fuoco e fosse possibile salva:-e soltanto una sola vita - su quale dei due dovrebbe cadere la scelta. A parte la considerazione che la domestica non trovasi nello stato di pura animalità, c'è un alti-o motivo di preferenza. Infatti, essendo noi in rapporto non solo con uno o più esseri sensibili. ma con una collettività o con una na– zione e, in un certo senso, con l'intera famiglia umana, dovremmo, in con!>e– guenza, preferire la vita che è più vantaggiosa al bene generale. Salvando la vita di Fénelon, supponiamo nel 111omento in cui concepiva il progetto del suo immortale «Télémaque» (3), se ne beneficerebbero contemporaneamente migliaia di persone, le quali, dopo aver letto la sua opera. sarebbero così preservate da qualche errore o anche vizio e dalle consegucnl i disgra1.ic . Nou solo. ma il beneficio sarebbe ancor maggiore, quando si consideri che ciascuna di quelle persone diventerà un membro moìto buono della società e contribuirò., a sua volta, alla felicità, alla cultura cd al progresso degli allri. SupPonendo che fossi srnto io stesso il domestico, avrei dovuto preferire la morte per salvare Fénelon. la cui vita era veramente preferibile a quella della domestica, se è vero, come è vero, che il conoscere è la facoltà che percepisce la verilà tra due proposizioni simili e la giustizia è il principio che adegua ad esse la nostra condotta. Per la cameriera, dunque, sarebbe stato giusto che preferisse l'arci\'CSCO\'O a sè stessa, mentre il contrario sarebbe ~lato una violazione dcli.i giustizia, Supponendo poi che la domestica fosse stata la mia sposa, o mia madre o una mia benefaurice, la verità di quanto più sopra affermato non muterebbe, giacchi: la vita di Fénelon sarebbe pur sempre più preziosa di quella della do– mestica, e la giustizia - la pura genuina giustizia - avrebbe preferito la più stimata; la giustizia mi avrebbe dunque imposto di salvare la vita di Ft!ndon anzichè quella di altri. Quale malia è contenuta nel pronome ..mio» per supe- (2) li •neretto• è nostro. (3) Trattasi, come è c\·iderue, dc «Lu a,·cnluru dc Télcn1aquc• di Francesco de Sahgnac de la Mothe. Fénelon, arcfrescovo di Cambrai, apparse clandestinamente, cui ~i sostiene una mora]c. ratta di tolleranza, la hmit:i,.ione dell'assolutismo monarchico, l'os1ili1à al militad~mo Fénelon (1965-1715) prelude ai riformatori del secolo XVJII. 54

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