Volontà - anno XVI- n.12 - dicembre 1963

peva che i suoi giudici non avevano capito un'acca) condannate come ere• tiche? e che si vedeva arrestato come un malfattore per aver tentato di giu– stificarsi e di difendersi? Apparente– mente si rassegnò come sempre, e, co– me sempre, aveva creduto o fatto fin– ta di credere, sperò anche in un per– dono del Papa, che probabilmente sa– rebbe venuto se Pico avesse preso la gran decisione di non scrivere più. Ma un uomo della ~ua tempra, che forse viveva per la soddisfazione di espri– mere le sue proprie convinzioni, co– me poteva prendere una simile deci– sione? Fu questa la sua disgrazia di fronte alla Chiesa. Le sue intenzioni, forse, erano quelle di non voler ur– tare nessuno e, tanto meno, la Chiesa, ma quando cominciava a mettere sul– la carta il frutto delle sue riflessioni, quando si domandava cosa era questa creazione, quando pensava a tutlo qu.:mto era staia scritto e affermato dai dotti i più diversi e più grandi, quando pensava al succo delle antiche scritture (a quelle egiziane, a quelle ebraiche, agli enigmi della cabala che a\'eva profondamente studiato, alle fi. losofie arabe e a qudle greche: a tut- 10 quanto insomma era arrivato fino a lui e di cui era a conoscenza), allo– ra non si trovava più d'accordo con i teologi dogmatici di Roma, e la sua apparente rassegnazione diventava semplicemente fittizia. Di qui le con• tinue noie, i rinnovati celati ammoni• menti ...... l 'n anno dopo il suo arrivo a Fie– sole fece per\'enire al Magnifico, al quale era anche dedicato un mano– scrittlo dal titolo: Heptale o Libro Settuplo: esposto del sette aspetti del– la creazione, che è un commento ca– balistico della Genesi ispirato dal Se- 716 phcr Yetsirah (o libro della creazio– ne), opera ebraica di cui l'insegnamen– to pare rimonti fino alla più tarda an– tichità. Lorenzo il Magnifico, entusia– sta di un'opera simile, incaricò Salvia– ti (un erudito fiorentino) di farlo stampare, e poi inviò a tutti gli eru• diti d'Italia che dimostrarono il più vivo interessamento all'opera e mani– festarono la loro ammirazione all'au• tore. Ma Roma. come al solito, non manifestò lo stesso entusiasmo per questa nuova opera che non trovò completamente ortodossa, e pensò che Pico, malgrado le promesse fatte, con• tinuasse la sua opera se non in cam– po completamente interdeuo, per lo meno sospetto. C'era una lettera del Lanfredini (lo ambasciatore a Roma di Lorenzo il Magnifico) che ci dice chiaramente quale fosse lo spirito delle sfe1e va– ticanesche nei confronti di Pico. E' ;:,. dirizzata a Lorenzo, (e io sono obbli– gato a tradurla dal francese non C'>· sendo stato in grado di trovare il le– sto italiano). Dice: .. E' bene che sap• piate che le parole del Papa furono queste: « non avreste dovuto accettare che il \'Ostro nome figurasse in un'o– pera eretica, che il conte (3) vi ha cer– tamente dedicato perchè gli serviste di scudo. Il Santo Padre pensa che il conte è su una brutta c;trada, e che c;eguitaw:o di questo pac;so finirà un giorno per essere bruciato e dannato per l'eternità, com'è capitato ad altri. Le cose del dogma - ha detto - ~ no troppo delicate, e non posso tolle– rare che siano toccate. Scrivete a Lo• rcnzo e ditegli che se vuole bene al Pico lo consigli di scrivere delle poc- (3) Gio\'anni Pico port,wa il tilolo di Conte della Concordia.

RkJQdWJsaXNoZXIy