Volontà - anno XVI - n.10 - ottobre 1963

miglie non è l'interiore e vitale soddisfazione dei loro figli, ma il loro affermar– si esteriore attraverso un pezzo di carta, chiamato licenza o diploma, che una società infarcità di gerarchie e d'autoritarismo stima come uno dei massimi valori per affermarsi nella sua difficile e accomodante esistenza. Pertanto una famiglia che non sente il valore dell'educazione non può educare all'autonomia e alla libertà, alla solidarietà e all'amore, bensì al conformismo più degradante e al e pagnottismo » più losco e degenere. Della scuola quale istituto educativo credo non si possa dire migliore cosa e della società in genere e della famiglia in particolare. Essa infatti è sottopo– sta all'autoritarsimo politico, è dominata, più o meno velatamente, dal dogma- . tisroo clericale, è ostacolata nella sua opera educativa e culturale dalla menta– lità utilitaristica e spuria della famiglia. La scuola, cioè, è la rappresentante ufficiale dell'educazione statale, clericale e familiare e, come tale, ne porta tut• ti i difetti e tutte le manchevolezze. Essa difatti è la sintesi dello Stato e della chiesa e della famiglia: lo può dimostrare anche l'immagine del presidente della repubblica, il crocifisso e il maestro. Tutto, o quasi, in essa è contro il fanciullo, come ogni cosa nella società costituita che essa riproduce è un aper– to contrasto con l'uomo: è antipsicologica mentre avrebbe sopraft.utto il com– pito di tenere nel massimo conto le capacità psicologiche individuali e sociali del fanciullo, è passiva mentre dovrebbe far centro della sua azione l'attività del fanciullo, mnemonica mentre dovrebbe mirare allo sviluppo degli interessi vitali dell'educando, è intellettualistica e avrebbe il dovere di essere integrale, è dogmatica e dovrebbe far leva sulla libertà del discente, è verbalistica e do– vrebbe non disconoscere il valore formativo del lavoro. La scuola italiana, se si esclude qualche sparuta eccezione e nonostante la retorica ufficiale e l'atti– vismo delle scuole nuove, si trova in una condizione di anemia educativa, ossia le manca l'autonomia, che è libertà e solidarietà e non autosufficienza e au– tarchia, le manca cioè il sangue vitale, l'orientamento umano fondamentale. Chi può negare la povertà della scuola materna? Chi la deficienza della scuola elementare? Chi il nozionismo ingombrante della scuola secondaria? Chi la cultura di seconda mano della università? Chi può negare la insufficienza di aule? Chi la mancanza di sussidi didattici e di attrezzature scientifiche in ogni ordine di scuole? La scuola, se vuole essere o divenire davvero educatrice, dev~ liberarsi dal suo burocraticismo e opportunismo, deve cioè personalizzarsi e umanizzarsi per educare efficacemente i giovani ad essere valorizzata nella sua missione educativa, e non più considerata come semplice mortificante « strumento di arrivismo • e e fabbrica di diplomi » e di « squallide promozioni ». Un altro istituto fattore che ha dominato l'educazione nel corso dei secoli è la Chiesa, la quale ha sempre preteso il monopolio dell'educazione. Ma la re– ligione della chiesa si può dire veramente la religione dell'amore come essa• va predicando? E più che come responsabilità morale, la dottrina religiosa della chiesa non è forse ridotta, nonostante la demagogia dei suoi sostenitori e dei suoi rappresentanti, un bigotto ritualismo ed una vuota e fantastica eva– sione dalle brutture della vita quotidiana? Può essa onestamente riconoscersi 596

RkJQdWJsaXNoZXIy