Volontà - anno XVI - n.10 - ottobre 1963
Strect, e ali otto che avevano deciso di entrare suonarono il campanello dell'Am– basciata, che è situata al secondo piano (i piccoli paesi hanno piccole ambasciate, come ben sapete). La porta d'inarcsso si aprì automa1icamente, e 11oi entrammo nell'edificio, salimmo le scale ed orrivam. mo alla porta interna, che era stata aper– ia da un uomo in età avanzata, in piaia• ma sbiadi10, che ritenemmo essere il CU· s1odc, Come varcammo la soelia cali dovette avere la sensazione che non eravamo ami– ci, perchè incominciò a dire che l'Amba– sciata era chiusa ("per una vacanza"), e tentò di chiuderci la porta in faccia. Ma intan10 noi eravamo entrali ed era trop– po tardi. Dato che due compaa:ni erano stati là alcune settimane prima per procu– rarci opuscoli riguardanti le collettività e la riforma aararia e rendersi conto delJa disposizione del luoao, sapevamo in qua– le stanza entrare. Mentre il vecchietto protestava e con voce stridula si diede a chiamare una donna che si trovava nelle reaioni inferiori, noi procedemmo con 1utta la calma di questo mondo, spiepm– mo una bandiera che avevamo portato sotto le nostre giacche e la appendemmo ruori dalle finestre. Intanto, nella strada la dimostrazione era andata formandosi. Subito dopo che noi rummo entrati, all'l,30, era arrivato un autocarro portante la vecchia iscri– zione della Federazione deali Anarchici di Londra, cd u11 certo numero di cartelloni portanti proteste contro la tirannide di Castro. Tutto ciò veniva aaitato da una ventina di compagni per atti.rare l'atten– zione su ciò che succedeva. All'interno, il piccolo anziano e la sua collega erano in istato di panico. Non riuscendo a fare uso del suo telefono, l'omino era disceso fino alla porta di stra- 592 da per attirare l'attenzione di una assi– stenie che si trovava in un negozio di– rimpeuo, ~ quella corse liUbito al suo te– lefono. Noi passammo da una stanza al– l'ahra lasciandovi j nostri manifestini a profosione. Fatto questo, tornammo al– la sala principale e con tutta la flemma ci mettemmo a sedere. Di quando in quando la donna, pro– fondamente aa:itata, guardava dalla por– ta; le domandammo di vedere l'ambascia– tore, ma quella scomparve. Pensammo non volesse far altro che auicurarsi che non mettevamo a sacco il posto. Poi arrivò la polizia. Venimmo a sape– re in seguito che, prima ad arrivare, era stata un'automobile deU'Ambasciata con un a:iovane indianato che si era precipi• tato nell'edificio, ma noi non lo vedem– mo al piano superiore. SI era supposto che egli fosse l'Ambasciatore, ma non a– veva fatto altro che risalire nell'automo– bile e andarsene più infuriato che mai. Frattanto ci avevano ragaiunto altri tre compagni ai quali era stato aperto dopo che avevano suonato il campaneUo. La polizia, s'intende, fece il suo dove– re. Prima di tutto un ispettore accompa– gnato da un detective, ci aveva domanda– to (sl, domandato) di andarcene, dicendo che eravamo in flagranza di contravven– zione, e che quello non era il modo di ottenere udier.za dall'Ambasciatore; ma dinanzi al nostro rifiuto di uscire, i poli– ziotti arrivati su di un furaone, dopo re– spinto il rinnovato invito di andarcene con le nostre aambe, cl portarono di pe– so, con molto riguardo, giù per le scale, deponendoci tutti quanti 5ul selciato del– la via. Ma mentre eravamo ancora nella sede dell'Ambasciata, il piccolo anziano, che si era intanto messo una iiacca e un paio di pantaloni sul pigiama stinto, si
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