Volontà - anno XVI - n.6- giugno 1963
arabo, l'ora dei popoli asiatici, la ri• vincita dell'umUe negro, oppure, vice• versa, l'insosliluibile elevatezza della razza bianca, hanno tutta l'aria di es– sere - anzi, sono senz'altro - molle possenti, sempre disposte a scattare nella direzione di una totale apocalis– se. E i miti di razza sono come le sca– tole cinesi: dal loro seno ricaviamo altri miti, meno colossali, ma sempre pernicic~,i. l movinH::nti cli « rinascita nazionale », ad esempio, delle nazioni , inte, che sognano e risognano un'im– possibile « grnndezza » della « sventu– rata patria », che fu ridotta tale pro– prio dai patriottici sogni precedenti, e che si ridurrà ancora più sventurata se dovessero trionfare i patriottici sogni attuali ... Inoltre, come altro tipico esempio, quelle carnevalate che servono ad ali– mentare nostalgie deleterie, e che i vari Stati (specialmente quelli dotati di una forte tradizione militare) cerca– no sempre d'incoraggiare e di facilitar– ne l'attuazione. Alludiamo ai periodici raduni di ex militari: commedie senza nome nella loro superficiale çffervescen• za riflessa in un cipiglio di fierezza studiata e poco convincente; e, d'altro canto, sconcertanti e comiche in un medesimo tempo, poichè, una volta 1anto, non si sarebbe obbligati a par– tecipare a simili rievocazioni di bal– danza militare. Naturalmente si può pensare che la maggioranza dei con– gedati non ne abbiano punto voglia di rinnovare teatralità che riportano il pensiero verso un passato intriso più di sangue che di bontà. Però, anche quan– do sono in pochi nel bollore di simili nostalgie, sono sempre tanti per il sen– so e il significato che assumono le co– se e lo spirito, nel lento ed ostacolato cammino verso libertà più concrete e più rasserenanti. Certo è sottinteso che, con !a nostra critica verso il gioco della politica, non intendiamo dire, per- come abbia– mo ripetuto in altri scritti, che tanto vale vive,·e sollo una immite dittatura quanto nel seno di una zoppicante de– mocrazia. Sappiamo bene valutare an– che le relative libertà di un regime più o meno democratico: anzi, le riteniamo senz'altro necessarie. Quello che ci pre– me di rilevare è la condizione sempre precaria di simili e relative libertà, che talvolta assumono i_1 ruolo che hanno le caramelle offerte ai bambini: accon– tcntarli, ma sotto condizione di non fare i « cattivi ». Qualche elellore un po' scettico, cioè abbastanza consapevole del gioco poli– tico, ci obbietterà che Ira il poco di buono e il peggiore, è preferibile il pri– mo. In altri termini: chi vota potrà peccare d'ingenuità, ma mai del lutto, in quanto qualcosa di efficace sospin• ge sempre, sia pure lentamente, verso più razionali sistemi di governo; e che è inutile sognorc, in quattro e quatti··otto, un ideale assestamento di tutta la società umana: il sistema mi– gliore non può essere che quello di attenuare gradatamente almeno i più evidenti errori e le più appariscenti in– giustizie. Vi è qualcosa di ragionevole in una simile obbiezione, ma non del lutto sufficicnle per garantire che gli attua– li sistemi di « progresso graduale, ser– vano a fo.r convergere l'umanità verso un mondo sicuramente migliore. No, .la scheda nell'urna non avrà mai alcun potere veramente rivoluzionario; come, in fondo, non lo possono avere nemmeno le armi, in quanto queste, di solilo, non fanno altro che licenzia– re un'autorità per sostituirla con un'al- 329
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