Volontà - anno XVI - n.4 - aprile 1963
dcli'« Anarchia». Ciò perchè i differenti momenti dell'Idea non sono fuori di essa, ma conte– nuti in essa, per modo che il punto di partenza s'identifica col punto di anivo: il seme della rosa (punto di partenza) contiene in sé l'astratta patenzialità della rosa che ha raggiunto il massimo grado di sviluppo (punto di anivo); la rosa è pertanto « la realizzazione ideale di tutte le evoluzioni avvenute. Di tal che il pri– mo momento, il sème, costituisce l'unità astratta della rosa, ciò che è possibile divenire, e l'ultimo, l'unità concreta, cioè la rosa divenuta». Il primo momento dell'ordinamento sociale è l'anarchia, giacchè contiene gli elementi ideali di qualsiasi ordinamento sociale nello stato di astratta possi– bilità; l'altro momento è quello della differenziazione, cioè dell'evoluzione degli elementi ideali: si passa a quel processo di determinazione che costituisce lo Sta– to (il quale - sollanto jn questo momento - è l'organo del Diritto) e che si manifesta prima come persona, poi come famiglia, poi ancora come comune cd infine come nazione. « Allorchè l'individuo ha raggiunto interamente la sua personalità giuridica e la società per altro verso ha superato il limite della fa. miglia, del comune, dello Stato, si ritorna ali'« Anarchia», essendo le leggi che riconoscono il particolare, l'individuo, identiche a quelle che riconoscono il ge– nerale, la società ». In questo terzo momento, l'individuo non è più astrazione, è realtà concreta, è « persona •, così come la società è divenuta « umanità». « E si chiama «Anarchia », non già perchè tutto è in tutto nello stato di di– sordine e di confusione, senza distinzione di parti; ma perchè in tutto all'oppo– sto v'è il massimo ordine, l'ordine supremo, in cui le parti sono contenute nel tutto come necessario momento di esso, e per cui le leggi che regolano Je une sono identiche a quelle che regolano l'altro, e quindi non dipendono nè possono dipendere dall'arbitrio del legislatore o dello Stato o di un governo qualsiasi per quanto si voglia civile, ma rappresentano la volontà obbiettiva, che appare nella storia e apparendo si esplica così come si deve esplicare, cioé congiungen· do l'individuo e la società in guisa che i diritti e i doveri dell'uno non si diffe– renzino, ma siano i diritti e i doveri dell'altra ... A riprova della giustezza delle sue conclusioni, il Sarno vuol darci ancora la « prova del nove» e così dispiega il suo ragionamento conclusivo: I) - Se lo Stato costituisce veramente il complesso dei diritti dei singoli e di quelli della società, il « privilegio di una classe» finirebbe per essere lo Stato universale. In– fatti lo • status libertatis », per come ce ne dà contezza il diritto romano, era il prh•ilegio di una classe, tanto che lo Stato e la Legge intervenivano per appiana– re le differenze esistenti. Se tutti avessero goduto o godessero dello « status li· 216
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