Volontà - anno XVI - n.4 - aprile 1963

ro povera economia, un particolare comunismo anarchico). Ma in una sfera di grandi comunità, sature di tecnica e di complessa produttività, siamo disposti a credere (o almeno così pensa lo scrivente) che il problema dell'abolizione della moneta si presenterà, se von proprio impossibile, sicuramente arduo (4). Un fatto però si può presentare praticamente possibile: un sistema moneta• rio unico per tutto il mondo; e un altro fatto non si presenterà invece più attua– bile: le rovinose inflazioni monetarie, alle quali può seguire la più colossale truf– fa legale escogitata dal potere statale; e, in questo senso, quando, dopo una ro– vinosa inflazione, lo Stato pensa di rinnovare totalmente la moneta deprezzata, emettendo del nuovo denaro nominalmente rivalutato, constatiamo due fenome– ni: uno malinconico, per chi possiede solo carta straccia da restituire allo Stato; e un altro truffaldino per opera dell'istituto di emissione, che, senza alcuna fati– ca, crea un nuovo valore, e che, altrettanto arbitrariamente, stabilisce il valore di cambio tra il denaro deprezzato e quello nominalmente rivalutato. Qui l'in– trinseca potenza del lavoro in un certo senso viene grandemente umiliata, in quanto è la nuova moneta che torna a prendere il comando di tutto il sistema produttivo; e per di più con la più sfrontata arbitrarietà e senza versare una stilla cli sudore. Non abbiamo certo la pretesa di risolver<ò!, nemmeno in astratto, il problema della moneta. Imbastire teorie suJla tela del futuro è un gioco che, in definitiva, può fruttare bene solo ai fabbricanti di oroscopi o ai chiromanti. Una cosa si 'può dire seriamente: che ~e gli uomini incominceranno, con buona volontà e intelligenza, ad orientare bene i propri cervelli, molte cose buo– ne si potranno realizzare. Sapere poi che forma avranno tali realizzazioni è di secondaria importanza: l'importante è che siano buone, intelligenti e utili a tulti. Come occorsero parecchi secoli di speculazione per comprendere la sempll– cltà di mettere il sole al centro del nostro sistema solare, abolendo le intricatis– sime teorie che pretendevano di giustificare la terra come centro dell'universo (così com~ nella prassi sociale esistono complicati sistemi che presumono di giu– stifiacare la supremazia assoluta di certi princìpi e di certe gerarchie), occorrerà altrettanto tempo per centrare bene i cervelli degli uomini, invece cli farli girare, come tanti moscerini, intorno a freddi e ingannevoli lampioni ove, inevitabil– mente, finiscono col cadere ubriachi di stupidità? É una domanda che ci rende tristi e ci conforta in un medesimo sentimen– to. Immaliconisce, perchè la via da percorrere sarebbe ancora molto lunga; con• forta pcrchè, nonostante tutto, la mèta sarebbe sicur~. MARIO DAL MOLIN (4} Un problema analogo si profila. sia pure cn1ro un campo limitato. in un intercss.inte esperi– mento di vila colletti\"a auualmente in corso in Palestina, on~ si riscontra che la prassi sociale esplicata nella sfera di un Kibbutz, non può essere eguale a quella applicala in una cillà collctth•a. 208

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