Volontà - anno XVI - n.2 - febbraio 1963
Si vede dunque che i • comunisti di Stato• ·come li chiamavamo noi, vo– levano in realtà giungere alla soppressione dello Stato; la parola Volksstaat, • Stato popolare, Stato operaio•• che non ci garbava e che credevamo espri– messe la loro concezione della società futura, non era, per la loro propria con– fessione, che una formula inesatta, impiegata • a un dato momento per i biso– gni della propaganda •, ma che, • scientificamente, non risponde più ad una realtà •· E, d'altra parte Proudhon sembra ridurre alle proporzioni di un litigio di parole un dibattito fra lui e i comunisti tedeschi: Io voglio, dice loro, la U– bertà e l'uguaglianza; voi volete la comunità; con questi termini differenti, noi designiamo una stessa cosa. · Non insisto, e riprendo la mia narrazione. lii• La Scissione Invece del ravvicinamento desiderato, e che sembrava a buon punto, av– venne la scissione. Ho detto che a Ginevra una parte degli operai, specie quelli della • fab– brica •• non volevano sentir parlare di ciò che chiamavano • teorie utopistiche•· Essi non rimproveravano tanto a queste teorie di essere chimeriche o irrealiz– zabili, quanto di essere inopportune e compromettenti, e di costituire un ostaco– lo al successo di certe combinazioni elettorali. Il partito radicale ginevrino aveva concepita la speranza di conquistare il potere con l'appoggio degli elettori operai. L'elezione del Consiglio di Stato, - si sa che a Ginevra essa è fatta dal popolo - doveva aver luogo nel novembre 1869; i radicali formarono una lista di candidati comprendenti sei di loro e un socialista, Grosselin, e cosl fu conclusa l'alleanza tra i politicanti e una fazione degli operai ginevrini. Ma, per riuscire, bisognava non • spaventare l'opinione pubblica•; e cosl i capi dicevano ben forte che l'Internazionale a Ginevra, non doveva occuparsi di questioni spiacevoli ai toro alleati borghesi, e sprovviste d'ogni utilità pratica, come quella della proprietà collettiva e dell'eredità. Ecco perchè al Congresso di Basilea, Grosselin e il suo amico Enrico Perret si erano prudentemente astenuti. La battaglia elettorale, in novembre, fu calda: furono i conservatori gine– vrini che trionfarono, ed i sei candidati radicati ed il loro alleato socialista cad• dero. Con chi prendersela per questa disfatta? Evidentemente, non tanto coi conservatori quanto con i noiosi collettivisti, che avevano gettato lo scompiglio nel campo radical-socialista, e le cui teorie •assurde• avevano permesso agli avversari di evocare con successo lo spettro rosso. Bisognava, assolutamente, perchè in avvenire una vittoria elettorale fos– se possibile, sottrarre Ginevra all'influenza di quella gente. La cosa fu resa relativamente facile da un concorso d.i circostanze, che proprio in quel momento, paralizzò l'azione dei collettivisti. Bakounine, assorto interamente dagli affari russi, (Netcha'ief), aveva lasciato Ginevra per stabili.rSi a Locarno, lasciando il campo libero ai suoi avversari; Semo Soloviétch, l'infa– ticabile apostolo socialista, che godeva fra gli operai ginevrini d'una popolari- 101
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy