Volontà - anno XVI - n.2 - febbraio 1963

non si concepirebbe niente di simile, per esempio, al Seniizio Sanitario; non si istituirebbero gli aiuti per le aree sottos,,iJuppate. Tutto se ne andrebbe come l'acqua dallo scolo della vasca. Ecco quel che nqn capisco. C.W. · Dunque: lei dovrebbe cominciare a pensare quali sono le o6gini dello Stato di Benessere» (Welfare State). Sa benissimo che è il risultato di uno stato di guerra. Tutti gli avanzamenti sociali, nel nostro paese, sono stati conseguenze della guerra. Quando, al tempo della guerra dei Boeri, si accorsero che i tre quarti dei richiamati non erano idonei al seniizio militare, cominciarono a preoccuparsi dello stato di salute delle classi la– voratrici. Vede bene che il nostro « Stato di Benessere• non è nato e cresciuto da una preoccupazione di bene reciproco, ma per sopperire ai bisogni dello Stato. Le organizzazioni benefiche sono ben più antiche del. lo « Stato di Benessere•, no? A.H. - Ma non hanno mai funzionato molto bene, vede - oso dirlo, e forse Stevas non sarà d'accordo - fino a quando ci si è attenuti a un principio di volontariato; e questa mi sembra una prova che la sua idea sulla no– tura umana sia terribilmente ottimistica. Non ha funzionato. Soltanto quando lo Stato si è mosso, è stato possibile dare a tutti assistenza me– dica. E, secondo la vostra dottrina, noi dovremmo perdere tutto questo? Mi pare che ia vera dimostrazione del vostro torto stia proprio in quello che accadde con una legislazione filar.tropica basata sul volontariato. C.W. - Non ci credo affatto. Voi pensate a quelle associazioni amichevoli, ai clubs. Tutte quelle organizzazioni di mutuo soccorso fra le class'i lavoratrL ci che fiorirono durante il secolo scorso - e che, di fatto, furono pro– scritte col « Comblnation Act ». A. H. • D'accordo che l'inizio è stato modesto, ma c'era chi aveva fame perchè non aveva niente da mettere sotto i denti. C'era chi non poteva andare all'ospedale pe1·chè non poteva permetterselo. Lo sappiamo tutti. Sappia– mo di Lord Shaftesbury e delle leggi agrarie. Sappiamo che il principio di volontariato è fallito, e a mc pare che voi non abbiate veramente va– lutato questa difficoltà. Ma vorrei passare ad un altro argomento. Educazione. Che cosa pensano gli anarchici sulla educazione? Nel nostro paese, fin dal 1870- nonostan. te l'opposizione di allora dei conservatori - l'educazione è obbligatoria. Siete favorevoli all'cqucazione obbligatoria? C.W. - No, non sono in favore dell'educazione obbligatoria, ma, se non altro, gli anarchici sono grandi educatori. Lei stesso, per esempio, può vederlo nella scuola di A. S. Neill, a Summerhill (che ha recentemente celebrato il quarantesimo anniversario), dove sono applicati i principi anarchici, Neill li chiami anarchici o no, con grandissimo successo. A.H. • Però, in un numero di Freedom del marzo scorso ho letto un interessan– te articolo in cui ci si chiedeva se quel metodo è giusto, a proposito di un pianoforte comprato e che nessun bambino aveva imparato a suona– re. Applicando la dottrina di completa libertà nei primi anni di vita, si priva l'indh 1 iduo del benefico effetto dell'incoraggiamento - e arriverei a dire della disciplina - che invece gli permetterebbero cli imparare a suonare il pianoforte. Potete essere soddisfatti come movimento favore- 79

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