Volontà - anno XVI - n.2 - febbraio 1963
Indirizzandosi ai genitori - che fu– rono fin dai primi tempi chiamati a <!a– re un interessamento attivo ai proble– mi delle comunità scolastiche - i mae– stri scrivono: « Da noi il fanciullo non è preparato ad una professione, alla «vita», se– guendo un piano rigido. Non vogliamo essere guidati nel nostro lavoro da esi– genze professionali, dalle preoccupazio– ni economiche della vita di ogni gior– no, dalla lotta per l'esistenza. Per que– sto noi non abbiamo un piano; per noi lo scopo della scuola è di offrire al fanciullo un luogo dove possa essere fanciullo, cioè giovane e gioioso, in modo che si sviluppi in sè il senso del– la responsabilità verso gli esseri uma– ni tra i quali egli vive ». Il Paulsen scrive: « La scuola non è una preparazione alla vita ma la vita stessa, è un luogo dove l'attività gio– vanile può prendere una forma ». Interessante è ancora sottolineare lo aspetto dell'indipendenza sia politica che religiosa delle comunità. « Di questa gioventù seduta davanti a te che vuoi farne? Dei cittadini? Dei cristiani? Degli artisti? Dei socialisti? Dei buoni tedeschi? Dei cosmopoliti? Dei sudditi? No, poichè è necessario rifiutare di dare all'educazione uno sco– po che proviene dal di fuori, che pro– viene dall'ideale sociale che domina un'epoca». « La scuola deve rifiutare di sottomettersi alla influenza di non im– porta quale comunità religiosa, compre– sa la chiesa di stato». « Lo stato non possiede nessun diritto sull'infanzia daJ punto di vista educazione. Egli deve fare due cose: lasciare in pace la scuo– la e se possibile aiutarla ». « Ci è perfettamente uguale che un 74 giorno i nostri alunni appartengano ad un partito piuttosto che ad un altro. Quello che speriamo è che essi sceglie– ranno il loro partito per convinzione e non per interesse personale ». Una serie di circostanze esteriori con– tribuirono - dopo circa sei anni di florida esistenza - al declino delle co– munità scolastiche tedesche. Con l'avanzare dell'influenza reazio– naria, le autorità tedesche furono sem– pre meno condiscendenti verso questo esperimento pedagogico che, al momen• to della nascita in pieno periodo rivolu– zionario, esse avevano « approvato ». Sotto l'influenza di queste misure di rappresaglia alcune comunità, nella spe– ranza di vivere con meno difficoltà, moderarono alquanto la portata inno– vatrice dei metodi pedagogici applicati. Invano, giacchè la discordia politica infiltratasi nell'interno delle scuole, il timore e forse un certo finale scetti– cismo dei genitori degli alunni (appar– tenenti in generale al ceto prolet<trio), la fuga di vari insegnanti, i quali - in vista ciel pericolo - si rifugiarono verso il più sicuro 6tipendio delle scuo– le statali, obbligarono - già nel 1925 - due delle principali ma più deboli fra le comunità di Amburgo a rinun– ciare alla loro libera attiv:tà. L'avvento del nazismo doveva, nel 1933, dare il colpo di grazia, facendo scomparire la superstite delle comunità scolastiche tedesche, la coraggiosa « Schulc am Tieloh » di Amburgo che ebbe !a quasi totalità dei suoi inse– gnanti imprigionata sotto l'accusa di « sovversivismo ». CLAUDIOCANTINI (La Bibliografia dello serino che precede, è rinviata a pa,g. 90)
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