Volontà - anno XVI - n.2 - febbraio 1963

sformava così - nel suo insieme - in educatore, rimpiazzando il maestro ti• rannico, largo in castighi, delle scuole autoritarie. Naturalmente la coscienza di questa libertà sorse negli alunni in modo com– pleto solo dopo le prime esperienze, e fu delicato il compito degli educatori per eliminare l'influenza della propria personalità, la quale i primi tempi O· stacolava psicologicamente la hbera partenza dei ragazzi verso la vera au– tonomia, sostituendola con un modo di fare - ed in fondo di vivere - fra– terno e cameratesco che aveva, che ha almeno la stessa importanza dell'i• struzione che un insegnante può tra• smettere ai suoi allievi. Tutla questa pratica, diciamo cosi didattica, proveniente da ben chiari concetti pedagogici libertari, fece ma• turare tutta una dottrina che fu chia• mata del maestrercamerata. Essa è molto chiara. « Educare significa ac• compagnare il fanciullo sulla via del suo libero sviluppo» (H. Muller). « Noi siamo degli esseri umani, cioè noi siamo sempre soggetti a divenire, pur essendo già: come il fanciullo. Dunque perchè negare che stiamo dive– nendo, col dire che noi siamo già ar• rivati? Perchè questa specie di dignità, questa sembianza di perfezione? Per– chè questa condiscendem.a· alla nostra vanità? Per chiunque veda chiaro è certo che la differenza che esiste tra noi adulti ed il fanciullo è che noi a– vremo presto percorso il nostro cam– mino mentre il compito del fanciullo è solamente incominciato» (J. Glaser). « Quello che forma la gioventù non è quello che noi diciamo ma quello che noi siamo» (F. Jode). « Ammesso che noi sappiamo essere degli uomini viventi lasciando entrare la vita nella scuola, i fanciulli diven– teranno degli uomini accessibili aUa vita, tali quali noi desideriamo che siano» (A. Rohl). La pedagogia tradizionale esigendo dal fanciullo l'obbedienza crea un vu<r to tra esso ed il maestro, che ha come dovere quello di condurre l'alunno da uno stato di imperfezione ad uno stato perfetto. Il fanciullo è perciò conside– rato come un essere incompleto quan– do non cattivo. Per i pedagoghi d'avanguardia, e per quelli delle comunità scolastiche in particolare, invece, l'infanzia - consi– derata come naturalmente buona - non è affatto uno stadio effimero e preparatorio, ma semplicemente una fase della vita umana con tutti i suoi scopi, una fase avente diritto a tutta l'autonomia perchè il suo valore non è in nulla inferiore o meno personali• stico di quello dell'età adulta. « Chi ci impedisce di ammettere og– gi che l'infanzia è il fatto principale dell'esistenza e che l'età matura è da considerarsi come il decrescendo del• la vita?» - scrive ancora lo fode, il quale così conclude: « E' una formida• bile presunzione degli adulti di consi– derare la scuola come una istituzione che prepara a ciò che essi chiamano la vita. Poichè l'infanzia non deve più es• sere assoggettata all'età adulta, anche la scuola non deve esserlo più. Essa è la sola per i giovani e non ha altro scopo che quello di rispondere ai loro bisogni, ai loro veri bisogni, cioè ai bisogni attuali non a quelli che forse essi avranno fra dieci o vent'anni. La scuola non è un mezzo: è uno scopo; non una transizione ma un completa– mento». 73

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