Volontà - anno XVI - n.1 - gennaio 1963

le stato permettendone uno sfruttamento continuo, facendo loro su– bire imbiancature ripetute e delle finte riparazioni? Chi è che produce degli abiti che cadono a brani la prima volta che s'indossano, gli ali– menti, le bibite abominevoli che soltanto i poveri comprano? Chi è infine che li passa fraudolentemente al pubblico, ai poveri - quando altri ha dato loro un aspetto attraente, se pure si è dato questa pena - arrivando a persuaderlo con l'aiuto di sotterfugi e di menzogne? Tutto ciò è fatto (quantunque ispirato, non v'è dubbio, dai capi• talisti che sono gli unici a trarne vantaggio) da categorie di lavoratori rispettati e ben organizzati: l'industria edilizia, l'industria tessile e gli impiegati di commercio. Questo mi urta e mi rivolta e, a parer mio, non v'è alcuna scusa per questi modi di agire, che non ci si dà nep– pure la pena di constatare, e ancora meno di combattere. In fondo si trova sempre la vecchia ed egoistica scusa: « lo deb– bo farlo; non posso occuparmi di scegliere il mio lavoro. Se non lo faccio io un altro lo fa. Non ne ricavo nessun vantaggio; io stesso pre– ferirei fare un lavoro veramente utile. Ma non ne sono responsabile; la responsabilità spetta al padrone che mi ordina di fare quello che faccio». La mia opinione è che fino a quando questa scusa, questa scap– patoia mercenaria sarà ammessa e generalmente accettata, le cose po• tranno continuare a rimanere tali e quali sono oggi, e un avvenire mi– gliore non sarà mai possibile. I capitalisti, d'accordo in questa maniera di vedere, saranno sempre in grado di pagare una metà di lavoratori per frenare l'altra metà. Inoltre essi continueranno a mantenere la grande massa dei lavoratori in uno stato di degradazione fisica e intel– lettuale, fiaccati, senza energie, ignari della maggior parte delle infinite gioie della vita in grazia del loro ambiente tetro e deprimente e del– l'insufficienza del loro nutrimento che anemizza i loro corpi ed i loro cervelli. E il lavoro manuale, il lavoro pratico che genera in tale stati di cose, è disimpegnato dai lavoratori stessi, che, d'altra parte, ne sof– frono al pari degli altri. L'assassinio diretto, l'assassinio commesso dai soldati che fucilano gli scioperanti e l'assassinio indiretto a mezzo de11aproduzione di quelle orribili abitazioni, di quei cibi e bevande adulterate, ecc., operato da lavoratori sui propri compagni, ecco due azioni ugualmente perniciose per le loro conseguenze, ch'è d'uopo ri– conoscere come tali prima di pensare ad ottenere altri miglioramenti. E' quanto io chiamo la responsabilità dei lavoratori in rapporto 19

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