Volontà - anno XV- n.4 - aprile 1962

nicse e poi sono scappato: è uu modo di vivere che non fa piì1 per mc. assolutameute; puoi morire per Ja strada, che nessuno t'aiuta; non 1>er cattiveria, soltanto per non aver graric, 1>erchè la filoso6a corrente è che si deve pensare soltanto a se stessi, non perder tempo, guardare sempre avanti, ognuno per 1>ro1>rioconto, non importa dove. Sono andato a tro– vare dei parenti, che non mi vedevano da otto anni: non si sono alzali dalla poltrona, mi hanno allungato la mano con un hallo, senza voltare la faccia, per non 1>erdere un momento di video. Le ho mostrato la scuola, che scn•e a queslo e al mio kibbutz cd .anche così, ripartito, il suo· costo pesa moltissimo sul nostro bilancio; ma per l'educazione dei nostri figli, come la vogliamo noi, sarebbe stupido risparmiare. I ragazzi che frequentano e abitano in questa scuola, dopo le classi elementari e fino a 18 anni, \•ivono insieme, tre o quattro per stanza, maschi e femmine t naturalmente, spontaneamente, senza malizia, senza incom•enienti, così come sono vissuti da quando sono nati: solo che qui i sen,izi, gabinetti e docce, sono divisi, mentre prima erano in comune. Le simpatie si manifestano alla luce del sole, senza sotterCugi e non hanno mai dato luogo a rapporli sessuali prematuri; se due si vogliono bene davvero, finicsono di SJ>Osnrsiprima del servizio militare; altrimenti que– .Jìlo fa da periodo di pro,•a. Ma iri generale il comportamento reciproco è come tra fratelli e sorelle e i matrimoni hanno luogo con giovani di ahri ambienti. Nella scuola non dorme nessun adulto i i ragazzi de,•ono 11entirsi liberi, pai:lroni e responsabili della loro casa; 1a pulizia se la fanno -da soli, con turni stabiliti da loro; ai grandi !ii rivolgono soltanto quando Jianno bisogno d 1 aiu10 o se c'è <111alcosnche non funziona. E' un metodo fondato sull'autodisciplina e sul conlinuo immediato aiuto reciproco: una -eomunità di vita che il giudaismo tradizionale non 1>olrÌImai ammettere 1 .che non ho neppur tentato di SJ>iegare a quelli. là di Nuova York, a mio padre o al mio rabbino: sarebbero inorriditi». Pranziamo nella mensa del kibbutz che ospita Ja scuola; io entro con lui e nessuno mi cl.ice nuJla, nessuno s'interessa di un forestiero ( Ji estate ne capitano anche troppi e se sono parenti di un membro del Kib– butz, restano magari un mese, gratuitamente); solo una ragazzina che man– gia a un I avolo vicino mi chiede se sono inglese: lei è romana, di recenle immigrazionc 1 e molto contenta di esser lì. Le inscn•icnti che girano coi carrelli porta,•ivande sono cleliziosnmente scoperte, nrn nessuno ci bacia. fon,e perchè sono considerate come sorelle; a mc invece qualcuno ossenia i pantaloni corti da spiaggia ( pili corti di quelli in uso in Israele, ma normalissimi per l'Europa) con lieve disapprovazione; fìnchè anche Yoram - quando alle tre, fine dell'orario di lavoro, torniamo al suo kibbutz - mi chiede se in Italia vado in giro così. « Quando (a freddo no, ma di estate al mare, o qui, dove fa caldo, sì »; e non riesco a comprendere le ragioni di tale diversità di limiti, nell'ammissione della ]ibcrtìt d'abbigliu– mento, fra uomini e donne: soggezione a un costume locale, o eccesso cli pudore, alla ro,•escia? Dalle quattro alle sci-sette i figli stanno coi geni lori: che hanno finito 225

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