Volontà - anno XV- n.4 - aprile 1962

un pacco dall'Italia, di dicci chili, solo vestiti e giocat1oli, ho dovuto pagare trentadue lire israeliano (8000 italiane) di dogana; è mai possibile? Ho anche iniziate le pratiche·con il consolato inglese, per ottenere la pensione di guerra, e le autori1i1 israeliane mi hanno age,•olato in tutti i modi; ma è una roba lunga e non so quando andri1 in porto». Uiesco a interrompere il suo fiume di lamenti e di speranze, quando per la stanchezza quasi gli crollo davanti; sicchè mi lascia, promettendomi di ricominciare all'indomani. Fortunatamente la mattina non lo rivedo; invece devo fare i conti - una lira israeliana e mezzo ( 375 italiane), compreso il noleggio di coperta e lenzuoli - con la donna iucontratu al mio arrivo; la quale, con mio grande stupore, è di,•en1a1u tutt'un'allrn persona, quando hn saputo dal collega la mia nazionalità. lndo,•ino che s'è sah•ata da una morie ad opera dell'infinito servi)jsmo tedesco, per merito delPinesauribile anarchismo italiano; sicchè è gentilissima, loquace, ange– lica e commovente per le cure materne che mi vuol dimostrare. Adesso mene a nudo la polpa del fico d'India, dopo avermi gettato negli occhi le spine; ma è proprio necessario che una volta su tre, in Israele, ci si debba urlare con questo strano genere di agrodolce menopausica umanità, ora orso ora agnellino? 24 Arrivo a Slwat Aclar - un kibbutz sito a pochi chilometri dal con– fine giordano, nel corridojo fra questo e la zona di Gaza - verso le nove del mattino, e chiedo della persona che m'ha invitato a visitare il kibbutz ad una ragazza che sin zappando con altre, su uno spiazzo anti– stante a un edificio moderno e elegante. « E 1 mio papà - mi dice con orgoglio - andiamo a vedere dove lavora, oggi »; e mi conduce nell'atrio della mensa, davanti a un cartellone fitto di nomi, di date, e di ciCre: la pianta e i lumi cli la, 1 oro, insomma, di tutti gli ottanta membri della comunitìt. (< E' a scuola anche oggi, non qui 1 in un altro kibbutz cinque chilometri lontano; e ritorna soltanto aJle tre del pomeriggio. Vuole che l'acéompagni nella sua stanza, da sua moglie?>,. La stanza è iu realtà un appartamentino, facente parte di una costru– zione a un solo piano, che ne comprende una decina, affiancali; e consta di una veranda, un locale che fo da camera da leuo, soggiorno e studio ( arredato con gusto e semplicità), un cucinino e il bagno a doccia. Il i>CZ• zcllo di terra che sta davanti a ciascuna veranda è tenuto diversamente, secondo il gusto del.l'occupante: a prato, a fiori, a brevissimo frutteto: ma senz'altra distinzione, senza alcun limite fra uno spazio e l'altro. La signora che mi riceve, d'origine canadese - assente dal lavoro perchè indisposta - mi offre una buona colazione fatta di caffè e pasticciuj e mi racconta in breve come funziona il kibbutz, in cui è orgogliosa cli vivere. Sono parole semplici, d'indubbia sincerità, dalle quali traspare una forza di decisione che stupisce in una figura :q)pnrentcmentc esile e dcli-.:ata, di educata condizione borghese, come la sua: « Due o tre anni [a è capitata qui una turista americana, che ho do, 1 uto accompagnare in giro per il kibbutz, spiegandole ogni cosa, sin 1eoricn clie pratica, pcrchè non sapeva 222

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