Volontà - anno XV- n.4 - aprile 1962
È noto che la prova considerata imbattibile (e che è ormai divenuta pietra di 1>aragone per ecccllc.nza in tonte occasioni di dibattili privati o pubblici) della bontà <lei sis1cmn CO• muuista è il grndo di progresso rng– giunto dnl popolo russo, rispelto a quello che l'aveva sotto il regime zarista. Si trattn di un'obiezione ch'è giu– sta ed errata al tempo stesso. Giu– sta, perchè il fatto, in sè, è positivo t.~ storicamente evidente, almeno dal punto di vista tecnico cd economico; <'rrnta pcrchè, sul piano dei scmpli. ,·i confronti <1uanti1a1ivi (1>oichè Cac• ,·inmo astrazione dalla condotta mo• raie degli Stntj in causa: cpurnzioni, ~·ondannc in genere, ccc.) dall'ormai lontnno 19]7 anclle il monclo capita• lista ha [a110 notevoli progressi. E non pcrchè il capitalismo, in senso n.:i-olu10 1 si 1>resenti migliore del CO• 1111misrno,ma per il fatto scientifico - e sempre bene ripeterlo ......,. che il lavoro sospi11gc uomini e cose itt– dipcmlc111cmcntc dal colore col quale viene presentato dalla politica. .Alnrx riteneva che In scilvcz::a del luvoro potesse sussistere solo nel co- 111uniim10. UelatÌ\•amen1e, ni suoi !empi, avcvtt una certa ragione i e 1100 polevn certo sup1,orre che la « volon!Ìl di potenza » sarebbe stata propria anche del comunismo più illmninalo, e che d'altra parte nl c-npitnlismo non avrebbe fotto difolto uua ccrln perspicacia per evitare al– mC'nO i trnbocçhetti piìi pericolosi. Ln leorin del plus - valore è scicn. 1ific11mcn1e csaua; però Marx non previde d1e, dopo alquanti decenni, p<'r fon-:a di cose il cnpitalismo sa• rc•bbe stnto costretto a dispensare pii, largnmenlc, e a « fondo perdu- 10 », uun note,·ole parte del plus • valore ricavato; e d'altra 11arte il plus • valore ricavato dal capitali. smo di Staio (comunismo) deve sot- 1ostare alle stesse condizioni di quello ricavato dal capitalismo bor• ghcse; cioè in J>arte cffcuivamcnte dispensato alla colleuh•ità, cd altra notevole parte u1ilizznta per gli in. teressi della classe dominante. Però, sia nell'uno che nell'nltro campo, il lnvoratore si fa lo stesso concetto del salario: lo ritiene come abbiamo già accemrnto, la sua unica salvezza, la sua unica propric1à; vale a dire, ron !Hlrole più esplicite, che non a.p– pcnn il lavoratore, senza alcuna sua colpa, si tro"asse nell'im1>ossibilità di 11erccpire un dnto salario, aulo• maticamcnte 1>erderebbe la fiducia che ha verso la socicti't; in quanto Inie fiducia si conserva solo aura– verso al compenso giornaliero che la società gli offre per il suo lavoro. E dire che la grande fabbrica è 1>ure sua, in fondo lo (a sorridere un po' triste e scettico; 1>oichè ciò gli è fa– vorevole e repellente in uno stesso staLo d'animo; in quanto, sia purf' confusamente, comprCJ1de che qual– cosa cli discontinuo e d'irrazionale csis1e ancora, inamovibile, ira In sua fatica e la potenza del la,•oro. E info11i 1 comunisti o no, 11011 si lavora soltanto per un effettivo e comune benessere, ma pure 1,er creare i mezzi i quali, periodicamente, a– \'ranno il còmpito di distruggere in gran parte lo stesso benessere. Vediamo dun<1ue che, nel caso sciagurato di una guerra atomica, la « grande sfida » - se proprio si vuol vederla come uu urlo tra con– trastanti interessi economico . socia– li - si presenta come una contesa assolutamente illogicn, oltre che pc• ricolosissima e supremamente inu• 215
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