Volontà - anno XV- n.3 - marzo 1962
come parlavo (in russo); in Polonia abbiamo viaggiato gratis, in quindici, per una ventina di chilometri e a qualcuno è capitato di non vedersi pre– sentare il conto dell'albergo, a Varsavia, per atto di estrema cortesia (e di pigrizia insieme, a dire iJ vero). In Israele l'atteggiamento della popolazione ebraica locale m~ è parso, in generale, piuttosto chiuso verso lo straniero; oltre agli esempi già riferiti ricordo un guidatore d'autobus ad Haila, cui chiedo un'inlor– mazione in inglese e quello mi risponde in ebraico; nou capisco, domando di nuovo in tedesco e lui replica in ebraico; chiedo per la terza volta non so pili come, e quello sbotta, seccato, in inglese « Ma almeno l'in– glese lo sapete? » e finalmente mi. dà l'iuiormazione desiderata. lo uon sono romantico neppure in linguistica, sono fautore delle lingue mezzo. artificiali come l'esperanto, mezzo-risuscitate come l'ebraico, mezzo-inven– tate come il norvegese; ma il metodo suddetto non mi sembra il ])ili adatto per diffonderle nè per renderle simpatiche. Una manina presto vengo a Tel-Aviv da w1 kibbutz 1>ressoDersheeba, col camioncino che va al mercato; siamo in sette: tre grandi e tre bambini, seduti comodamente sulle apposite panche ribaltabili, io in piedi, con– torto e incastrato fra le casse di olive, sballouato ad ogni curva. Quando tento di trovare una posizione meno dolorosa, sed'endo sulla punta di una cassetta, un kibbutziano mi (a notare in ebraico, con voce 1isentita e a gesti chiarissimi, che non è possibile, perchè rovinerei le olive; ma nessuno si scosta, nessuno Ca cenno ai piccoli di stringersi - in Italia gente che non (a alzare i bambini, o non si stringe, per far posto a un adulto che sta in piedi, l'ho vista soltanto nelle carrozze di 1>rima classe; popolani e borghesia normale ne avrebbero ,,ergogna -. Dopo un poco fanno colazione, costruendosi grossi sandwich prima con salame, poi con marmellata, senza nemmeno far .finta di offrirJo; solo a Rehovot, quando scendono in due, trovo un pezzo di sedile anche per me; e qui l'autista, per consolarci di una lunga sosta, offre a tutti una fragrante focaccia. Piii volte mi è capitato di telefonare a persone che già sapevano che le avrei visitate, amici, o parenti di amici o conoscenti, e di sentirmi rispondere, per prima cosa, affrettatamente, che: erano molr.o, molto occupate, 1>roprio tanto da fare, quasi subito da partire, semmni ,,assassi da loro un momento; (un genere di approccio che in Europa non si usa, a chi viene d'oltremare); ma se si ha il coraggio, la voglia o la malizia d'insistere, si trova sicuramente, dietro la primitiva scoutrosità, una profond'a inaspettata dolcezza. Questo fotto è universalmente ricono– sciuto: da un lato con la immagiue nazionalistjca che 1>aragona l'ebreo nativo d'Israele al sabra (fico d'India), duro e pungente di fuori, buono all'iutcruo; dall'altro, e irwersamente, con l'intensa propaganda governa. tiva a ricevere e trattar bene gli stranieri: al punto, m'han detto, che sono usciti anche dei manifesti, rappresentanti un israeliano che riceve il turista a braccia aperte; il che vuol dire che doveva essercene bisogno. Data la storia ebraica, i ca1npi di concentramento, la lotta gli arnbi, le difficoltà e le d·e)usioni d'ogni sorta, non è clifficilc capire questo atteggia- 143
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